Crociera “comodosa” o offshore? Dipende tutto dal rapporto lunghezza/larghezza
Oggi le barche a motore sono sempre più larghe per cercare abitabilità, ma come si valutano i rapporti di forma, ovvero i parametri fra lunghezza (LOA - Length Overall) e larghezza (Bmax - Maximum Beam), per capire se tutto questo può andare a discapito della resa in navigazione e della sicurezza?
di Sergio Abrami
Come avrete già capito leggendo il mio articolo Come si sono evolute le carene a motore e soprattutto il secondo Deadrise, chi è costui? non esistono verità assolute. Molti parametri, come in questo caso il rapporto LOA/Bmax (la semplice divisione matematica della lunghezza dello scafo divisa la larghezza massima) dipendono o, se volete, influenzano (dipende dai punti di vista) le scelte di navigazione, cioè l’uso dell’imbarcazione.
Molti anni fa coniai il termine “barche da porto” in contrapposizione alle “barche da diporto”, un gioco di parole per individuare due ben precise categorie di imbarcazioni. Stavo parlando delle “simil-houseboat”, comodissime in porto o in navigazione in acque riparate (mare calmo, vie fluviali) in contrapposizione ai veloci e performanti monocarena offshore o imbarcazioni da pattugliamento veloce. Questi ultimi hanno una scarsa abitabilità, ma ottime prestazioni (in sicurezza) anche in condizioni estreme. Poi, come sempre, ci sono le infinite sfumature. Tutte le carene possono essere buone, ovvero performanti, se rispettano il programma di navigazione per le quali sono state concepite e viceversa. Una V profonda da mare aperto, alte velocità con mare formato e ridotte accelerazioni verticali, è improponibile per navigare tranquillamente, magari con mare calmo: consumerà di più e creerà un’inutile e dannosa onda di poppa.
Da quando hanno preso il sopravvento gli aspetti “commerciali”, il rapporto LOA/Bmax, per molto tempo convenzionalmente pari a 3,33, si è progressivamente avviato a valori prossimi a 2,50. In passato, le larghezze massime delle piccole e medie imbarcazioni a motore erano legate essenzialmente alle disposizioni del codice della strada (2,50 m, ora 2,55 m) per movimentarle su carrello o camion. Lo step successivo erano i 3,20 m corrispondenti al “trasporto eccezionale” senza scorta. Le dimensioni del trasporto eccezionale con scorta tecnica (o della Polizia Stradale) sono invece: lunghezza 34,00 m, larghezza 4,60 m, altezza 5,10 m (5,00 m con abbassamento del carrello), peso complessivo 114,53 t. Carrelli speciali ribassati e scorte tecniche hanno dilatato le misure e così i limiti che sono dati in realtà dalle dimensioni della sede stradale e dagli ingombri lungo il percorso. Ma ci stiamo allontanando dalla parte puramente tecnica del quesito posto.
Rapporto lunghezza/larghezza, le serie sistematiche dell’ITTC
C’è poco da “inventare” e fare riferimento ai lavori dell'ITTC (International Towing Tank Conference) è il minimo. Esiste infatti una serie sistematica di carene: la 62 di Clement rielaborata da Donald L. Blount nel 1963, tra l’altro progettista anche del Destriero, la barca italiana che detiene il record di traversata atlantica a motore in 58 ore, 34 minuti e 50 secondi, alla media di 53,09 nodi.
Ma torniamo alla Serie 62, che è costituita da cinque carene a V tutte con valore dell’angolo di deadrise di 12,5 gradi (vedi ancora “Deadrise, chi è costui?). Nello specifico, la serie 62 (di cui esiste anche una serie con l’angolo di deadrise 25°) è costituita da una carena madre con LOA/Bmax = 4,09. Altri quattro modelli sono ottenuti variando la distanza tra le sezioni in modo da realizzare LOA/Bmax rispettivamente di 5,50 e 7,00 e allargarsi con valori LOA/Bmax pari a un improponibile 2,00 e un più convenzionale 3,06.
Dovrebbe dar da pensare il fatto che Donald Blount, uno dei più competenti progettisti di carene, abbia per il Destriero (una sorta di “petroliera molto veloce”) scelto il rapporto 5,21. Per quegli anni si trattava della più grande unità navale completamente di alluminio mai costruita e, tra l’altro, montava i più potenti idrogetti fino ad allora sviluppati. Ma il Destriero, in virtù delle sue potenziali future applicazioni, soddisfaceva anche altri requisiti, come una contenuta accelerazione verticale in navigazione con mare mosso e un basso livello di rumorosità nella zona equipaggio. Inoltre, come riportato dallo stesso Blount, il Destriero dimostrava una notevole efficienza energetica e propulsiva con prestazioni, anche in termini di accelerazione e decelerazione, pari a quelle di un’auto sportiva. Le misure del Destriero erano: LOA 67,70 m, Bmax 13,00 m, quindi LOA/Bmax uguale a 5,21.
Anche Renato Sonny Levi, “il maestro”, non ha mai forzato il parametro LOA/Bmax. Il famoso G.50, la barca dell’Avvocato Agnelli, aveva una LOA di 11,28 m e un Bmax di 3,18, con un rapporto 3,55 e un dislocamento di 4,8 t. I suoi cabinati “corsaioli”, come il famoso ‘A Speranziella, avevano rapporti meno esasperati per garantire una sufficiente abitabilità, ovvero LOA 9,14 m per un Bmax di 3,13 m, con un rapporto LOA/Bmax 2,92 e un dislocamento di 5 t.
In realtà, troviamo sempre più spesso imbarcazioni con rapporti abbastanza lontani da quelli canonici. Questo non significa assolutamente che si tratti di carene “sbagliate”. Più frequentemente viene privilegiata l’abitabilità interna, anche a scapito della tenuta con mare mosso. Quindi si tratta di valutazioni e parametri da considerare soprattutto in funzione dei programmi di navigazione che si pensa di seguire.
Serie 62 a 12.5° di deadrise. Queste le caratteristiche principali della carena madre, modello 4667-1, da cui derivano le parentali illustrate nella figura sopra:
- LOA 2,582 m ……………… lunghezza fuori tutto
- Lp 2,438 m ………………… lunghezza proiettata dello spigolo
- Bpx 0,596 m ……………… larghezza max tra gli spigoli
- Bpt 0,381 m ………………… larghezza tra gli spigoli allo specchio
- Lp/Bpx 4,09
- Bpt/Bpx 0,64
- 13° deadrise a 1,436 m da specchio di poppa
- 12.5° deadrise sullo specchio di poppa Rapporto
Un esperimento diverso
Noi adesso faremo un esperimento diverso, useremo la stessa LOA di 10 m variando la larghezza e conservando arbitrariamente lo stesso dislocamento. D’altronde, se vogliamo disporre quasi degli stessi interni avremo circa lo stesso dislocamento. È molto arbitrario, ma è per avere dei parametri bloccati. Si noti come le variazioni di velocità in relazione alla potenza installata sono relativamente modeste. Cambiano per contro il comfort, la quantità di onda generata, ma soprattutto le prestazioni nelle varie condizioni del mare, quindi del moto ondoso.
Ricordiamoci che un’imbarcazione troppo stabile (molto larga) è in effetti fastidiosa, ha movimenti bruschi, accelerazioni verticali importanti e sgradevoli in caso di mare mosso, segue il profilo d’onda. Quella più stretta ha invece poca stabilità da fermo, ma movimenti più dolci sul mosso. La barca larga per contro offre interni spaziosi, una bella residenza al mare che può anche trasferirsi da un porto all’altro, da una rada riparata a un golfo dai panorami mozzafiato. Navigare davvero è però un’altra cosa…
Se ne conclude che, quando si acquista un’imbarcazione, bisogna avere le idee chiare sul programma di utilizzo e sulle velocità di trasferimento. Questo si riaggancia all’argomento della corretta motorizzazione: è stupido imbarcare molti cavalli se poi non li si usano o se la carena non è in grado di domarli. Un altro argomento interessante da sviluppare in un prossimo articolo…
Un ulteriore approfondimento sul rapporto lunghezza/larghezza
Restando invece in argomento, per i più appassionati di tecnica, propongo questi due specchietti frutto di uno studio basato sulle formule di Savitsky.
Nel primo caso ho fissato la velocità massima a 40 nodi e ho variato l’angolo di rialzo del fondo, il famoso deadrise, da 16° a 22° modificando la posizione del centro di gravità dell’imbarcazione (scafo, arredi, motori, serbatoi e impianti) tra i 4,88 m e i 3,05 m partendo dallo spigolo di poppa. Quindi uno scafo con LOA 10 m, Bmax 2,44 m, cioè il rapporto base della serie 62 del David Taylor Model Basin, dislocamento di 6.000 kg, sezione frontale di 7,43 mq (superati i 10 nodi anche l’aerodinamica conta!). Propulsione ovviamente con eliche di superficie, le più efficienti. Ballano, come si può vedere, circa 100 cv di differenza, questo a pari velocità in un regime di assetti longitudinali che variano da 1,60° a 2,60° (quindi con i trim in azione, un altro argomento da approfondire…), quindi tutti “plausibili” e vicini all’ottimale.
Ma forse ancora più interessante è lo specchietto sotto che riassume un altro mio studio. Questa volta è sviluppato a 50 nodi per la identica carena con deadrise 18°, tre diverse posizioni di baricentro e cinque diversi rapporti LOA/Bmax (praticamente gli stessi della serie 62). Si passa, a pari velocità, da 241 cv a 497 cv e da trim di 1,2° (pericolosamente a rischio spinning) a 6,1° (scarsa visibilità e grande assorbimento di potenza). Alcuni valori non sono accettabili, ma anche certe combinazioni di posizione del baricentro, e rapporti LOA/Bmax per tale velocità massima, non sono assolutamente pensabili. Parliamo di buon senso, il “common sense” che non deve mai mancare in un progettista.
Mi piace però dimostrare, come insegno ai miei studenti dell’ISAD (spesso più interessati agli interni che alle carene), che si possono ottenere buone prestazioni velocistiche e di comfort della navigazione evitando di sovramotorizzare, lavorando solo sulle geometrie di carena e sulla attenzione alla determinazione e controllo della posizione del centro di gravità. Lavoro quest’ultimo molto noioso e apparentemente “poco creativo”, ma decisamente utile e se vogliamo anche realmente “green”.
Rapporto LOA/Bmax, quattro esempi pratici
Per essere più chiari ecco alcuni esempi, non esaustivi ma certamente utili, per identificare i generi di imbarcazione in relazione ai loro diversi rapporti LOA/Bmax.
Rapporto LOA/Bmax 5,75. Scafi sportivi e veloci, in grado di affrontare in velocità anche condizioni di mare impegnative, in genere derivati da scafi da competizione o pattugliamento veloce. Esempio: Buzzi 55 Stab, progetto di Fabio Buzzi, LOA 16,40 m e Bmax 2,85 m.
RapportoLOA/Bmax 4,89. Scafi da crociera con elevata efficienza per navigazioni anche in condizioni impegnative, quindi carene ottimizzate per propulsioni Hybrid. Esempio: Columbus Sport, progetto carena Sergio Cutolo, LOA 40,10 m e Bmax 8,20 m.
RapportoLOA/Bmax 4,10. Scafi da crociera in grado di affrontare lunghe navigazioni anche in condizioni di mare impegnative, in genere carene derivate da imbarcazioni professionali. Esempio: Darwin 102, progetto carena Sergio Cutolo, LOA 30,80 m e Bmax 7,50 m.
Rapporto LOA/Bmax 2,99. Scafi caratterizzati da grande abitabilità in relazione alla loro lunghezza che con meteo favorevole assicurano di godere il mare senza rinunciare al comfort. Esempio Bavaria S45, progetto carena Marco Casali, LOA 13,22 m e Bmax 4,41.