Carene barche: glossario
Carene delle barche, un glossario pratico per saperne di più.
Pattini
Il loro compito è di generare una spinta verso l’alto, deflettendo il flusso verso il basso: in altri termini generare portanza. Ma contribuiscono anche a diminuire la superficie bagnata, ovvero l’area di contatto tra la carena e l’acqua. Possono essere importanti sulle carene semiplananti, ma lo sono certamente su quelle plananti, dove gran parte della resistenza all’avanzamento è data dall’attrito: infatti, una volta diminuita la resistenza d’onda (la parte di energia assorbita dalla generazione delle onde), il contatto della carena sull’acqua richiede moltissima energia. Quindi, per aumentare l’efficienza, le carene plananti devono all’aumentare della velocità diminuire proporzionalmente l’area di contatto. I pattini, oltre a sostentare le carene, innalzando l’intera imbarcazione, provvedono al compito non secondario di far staccare il flusso d’acqua dal fondo della barca. Se ben progettati, gli “spray rails”, per dirla all’inglese, aumentano le prestazioni, ma anche la tenuta di mare, la stabilità trasversale e l’asciuttezza in navigazione delle carene plananti.
Step o Redan
Sono come scalini trasversali alla carena. Un luogo comune da smentire li vuole come ottimi per ridurre la resistenza: certamente creano un distacco del flusso d’acqua, ma solo a velocità molto sostenuta. La loro funzione principale è quella di controllare la stabilità longitudinale, scongiurando o limitando il “porpoising” o delfinamento. Poi c’è il controllo del “chine-walking”, l’instabilità trasversale con il progressivo coricamento prima su un fianco e poi sull’altro dei monocarena ad alte velocità, un fenomeno complesso che coinvolge diverse variabili come curve armoniche e risonanze, ma che gli step (o redan, la differenza starebbe teoricamente in una maggiore profondità dei secondi) influenzano sensibilmente. Si tratta di problemi riscontrabili solo su imbarcazioni ad altissime prestazioni, in genere oltre i 70 nodi.
Deadrise
È l’angolo che intercorre tra un’ideale linea tirata dallo spigolo interno del pattino di murata (chine) e la chiglia, rispetto all’orizzontale. Il valore del deadrise può variare anche di molto, possiamo indicarlo tra i 10 e i 25 gradi o più. Sotto i 16/18 gradi non siamo più di fronte a una carena a V profonda, detta anche “Hunt” in omaggio al suo geniale inventore, ma a una carena con uscite di poppa tendenzialmente piatte: una “warped’” piuttosto datata, poco apprezzabile in genere come tenuta di mare. Le carene plananti sono comunemente identificate con il deadrise, che in italiano si potrebbe definire “levata dei madieri” o “stellatura di poppa”, o più semplicemente “V poppiero”.
Linea di galleggiamento
La linea determinata dalla intersezione del piano di galleggiamento con la superficie esterna dello scafo.
Stellatura
È l’affinamento delle forme della carena, procedendo dalla sezione maestra verso le estremità di prora e di poppa. Viene misurata dall’angolo che la tangente all’ordinata nel suo punto di attacco con la chiglia forma col piano orizzontale che contiene la linea di costruzione. È anche misurata dal segmento staccato dalla tangente sulla verticale condotta tangenzialmente all’ordinata (nave con murata rientrata) o sulla verticale passante per il punto di intersezione dell’ordinata col galleggiamento (nave con murata svasata)
Slancio di prua
La parti estrema prodiera dello scafo che si protendono al di là delle “perpendicolari”, cioè delle verticali corrispondenti alla ruota di prua. Molto poco pronunciato nella barche dislocanti vede oggi una “nouvelle vague” del design imporlo perfettamente dritto (se non addirittura rovesciato)anche su barche plananti.
Specchio di poppa
La parte terminale ed estrema della poppa che termina con una tavola più o meno piatta, trasversale rispetto all’asse longitudinale dello scafo, che collega le due fiancate di dritta e di sinistra.
Per leggere l’articolo completo si può invece sfogliare o scaricare BoatMag di marzo.