L'elettrificazione si è più che consolidata anche nella nautica, in particolare nel mondo dei natanti, cioé imbarcazioni la cui lunghezza dello scafo non supera i 10 metri. Pensiamo all'elegante Riva E-Iseo, oppure allo sportivo Frauscher X Porsche 850 Fantom Air, o ancora alla famiglia di piccoli fuoribordo elettrici Mercury Avator, che ora è composta da ben 5 varianti di potenza.

Siamo solo all'inizio e le sorprese non tardano ad arrivare, in particolare nel mondo degli yacht dove la conversione a una nautica più pulita si scontra con elevati dislocamenti, lunghe ore di navigazione e rilevanti assorbimenti di energia a macchine ferme.

Una soluzione concreta, però, arriva da Volvo Penta che, in collaborazione con Azimut Yachts, ha presentato il primo sistema ibrido che sfrutta la tecnologia dei pod Ips, di cui ora vi spieghiamo nel dettaglio e in anteprima assoluta come funziona, quanto costa e quando dovrebbe debuttare ufficialmente sul mercato.

Sistema Volvo Penta Ips Hybrid.

Come è fatto il Volvo Penta Ips Hybrid

Montato per la prima volta sul Seadeck 7 (21,70 metri), che fa parte della nuova generazione di imbarcazioni di Azimut Yachts, il sistema ibrido sviluppato da Volvo Penta è tecnicamente simile a quanto ci era stato mostrato lo scorso anno con il Plug-in Parallel Hybrid.

Infatti, proprio nella sede di Göteborg in Svezia, siamo stati tra i pochi selezionati al mondo a scoprire e a provare in super anteprima il primo prototipo funzionante della tecnologia ibrida del costruttore svedese. Era montato su un Jeanneau NC37, 12 metri fuoritutto con piedi poppieri DPI Aquamatic, l'unica vera differenza tecnica rispetto a quanto visto sul Seadeck 7, che invece sfrutta i rivoluzionari piedi Ips.

Se vuoi saperne di più sul Volvo Plug-in Parallel Hybrid, te lo raccontiamo qui

L'innovativo Volvo Penta Ips Hybrid è un sistema di propulsione ibrido parallelo fra motore elettrico ed endotermico, simile alla configurazione classica di un'auto ibrida plug-in.

Sistema Volvo Penta Ips Hybrid.

L'Azimut Seadeck 7 che abbiamo avuto in prova monta due Volvo D13 Ips1350 e a ognuno dei due propulsori a gasolio è abbinato un powertrain a zero emissioni da 160 kW di potenza montato sull'albero di uscita. Il tutto supportato da un maxi pacco batterie al litio da 384 kWh posizionato sopra la sala macchine.

Qui però emerge un primo punto a sfavore di questa tecnologia, che in realtà è quella che affligge tutta la propulsione elettrica, cioè un aumento totale di peso di 3 tonnellate, fra batterie e sistemi aggiuntivi, rispetto alla versione con motori tradizionali.

Il sistema può sfruttare solo la propulsione elettrica oppure entrambi in sinergia per avere più accelerazione o generare energia per ricaricare in navigazione. Ma entriamo più nel dettaglio.

Le quattro funzionalità per la navigazione con il Volvo Penta Ips Hybrid

Esattamente come su un'auto ibrida plug-in, il Volvo Penta Ips Hybrid permette la ricarica anche in banchina tramite la classica torretta, ma il comandante ha a disposizione quattro funzionalità per gestire al meglio l'energia e migliorare l'efficienza.

In modalità Pure Electric, lo yacht si muove esclusivamente a zero emissioni con una velocità massima di 11 nodi. A queste andature la capacità delle batterie promette un'ora di autonomia, ma scendendo a 7 nodi le prime stime parlano anche di 4 ore, tempo più che sufficiente per gestire le silenziose manovre e per godersi piacevoli gite in esclusive aree protette.

Azimut Seadeck 7.

C'è poi la Hybrid Standard, la più interessante perché gestisce in automatico la transizione tra elettrico ed endotermico. Per essere più precisi, il sistema si avvia a zero emissioni come in Pure Electric; poi, superati gli 11 nodi (intorno agli 800 giri/min), partono in automatico i motori a gasolio.

In questa fase il driver può decidere se attivare la funzione di generatore che, a discapito di un piccolo aumento di consumi dovuto a uno sforzo maggiore dei propulsori diesel, permette agli elettrici di generare energia da immagazzinare nel pacco batterie. Qui la potenza di ricarica può raggiungere anche i 150 kW (elevatissima), valore stimato nell'intorno dei 16-17 nodi che però permette di fare il pieno di elettroni in sole due ore di navigazione.

Ci sono anche la Hybrid Boost mode e la Cross-over mode. La prima serve per massimizzare l'accelerazione, quindi i motori elettrici contribuiscono ad aumentare la coppia e la spinta. La seconda, invece, non è ancora definitiva ma ci è stato anticipato il suo funzionamento: la gestione dei due powertrain è separata con un motore dedito alla propulsione e l'altro alla ricarica della batteria, quindi che fa da generatore.

Nottate in silenzio e nessun generatore

Ma qual è il grande vantaggio di questa tecnologia, oltre ovviamente a consumi ed emissioni ridotte? Non serve più il classico rumoroso e ingombrante generatore di bordo.

Infatti, grazie all'enorme capacità delle batterie (circa 4 volte quella di un'auto elettrica per darvi dei numeri), all'ancora con tutti i servizi di hotellerie operativi come elettricità, aria condizionata, stabilizzatori ecc., l'energia accumulata dovrebbe garantire un'autonomia di circa 12 ore.

Azimut Seadeck 7.

Gli ingegneri svedesi hanno anche integrato la tecnologia del Volvo Penta Ips Hybrid con le più recenti funzionalità del costruttore per facilitare la navigazione e le manovre (Volvo Penta Electronic Vessel Control - EVC).

Questo significa che è possibile governare questo yacht da di quasi 22 metri facendosi supportare dal Joystick, sia per le manovre di ormeggio si per le sterzate, e per il Dynamic Positioning System (DPS), sia in Pure Electric che in Hybrid mode.

Il contributo dell'Azimut Seadeck 7 a una maggiore riduzione dell'impatto ambientale

Come anticipato, il Seadeck 7 è il secondo modello della serie di motoryacht di Azimut che puntano a ridurre le emissioni del 40% in un normale utilizzo.

Un obiettivo eccezionale posto sicuramente grazie al contributo della tecnologia ibrida di Volvo Penta, ma anche grazie all'accurato studio dei progettisti del cantiere italiano.

Questa linea di imbarcazioni, infatti, sfrutta moltissimo la fibra di carbonio per abbassare il peso, ma anche materiali poco inquinanti come il pet in luogo del pvc per le anime in sandwich, e materiali più naturali, riciclati e riciclabili, come il sughero al posto del teak.

Quando arriva e quanto costa il Volvo Penta Ips Hybrid

"Tutto è pronto per cambiare le regole del gioco”, ha affermato Giovanna Vitelli, Presidente del Gruppo Azimut | Benetti. E infatti è proprio così: il Volvo Penta IPS Hybrid che abbiamo provato in anteprima sul Seadeck 7 è nelle ultimissime fasi di collaudo e si è già dimostrato come una tecnologia più che matura. Ora manca solo l'industrializzazione per poter soddisfare le (possibili e numerose) richieste di mercato.

Il debutto è previsto per il 2026 e si è anche già parlato di prezzi, sebbene siano solo di tipo indicativo, perché non c'è ancora un listino pubblico già ufficializzato.

Il cantiere italiano e il costruttore svedese hanno infatti stimato che questa tecnologia ibrida dovrebbe aumentare di circa il 10% rispetto al costo della stessa imbarcazione con motore tradizionale, quindi se consideriamo che il Seadeck parte da 3.550.000 di euro (Iva esclusa e senza accessori), il prezzo del Volvo Penta Ips Hybrid dovrebbe aggirarsi sui 355.000 euro.


Clicca qui per scoprire di più sull'Azimut Seadeck 7 nel sito ufficiale del cantiere


Cilcca qui per entrare nel sito ufficiale di Volvo Penta Italia


Come lo scorso anno, le novità 2025 di Mercury si rivolgono principalmente alla gamma dei fuoribordo ad alte prestazioni e quest'anno la casa americana ha presentato i Mercury Racing 150R e 200R, che si pongono nella fascia appena sopra l'entry level di 60 cv dei fuoribordo siglati con la R di Racing.

Mercury Racing 150R.

Tanto lavoro di elettronica in nome delle performance

Esteticamente queste due novità riprendono il design high-tech del modello di vertice di 500 cv. Più abbordabili sia in termini di prestazioni che di utilizzo, il Mercury Racing 150R e il 200R sono basati su un motore di 3,4 litri aspirato e con 6 cilindri a V.

Non ci sono modifiche meccaniche: questo blocco è già conosciuto nell'orbita Mercury, ma rispetto ad altri modelli che sfruttano la piattaforma V6, è stata aggiornata la centralina per dare ancora più grinta e carattere, senza però sorprendere in termini di consumi.

Nel video in alto e nella tabella qui in fondo trovate i dati della nostra prova in anteprima mondiale del Mercury Racing 150R, che abbiamo fatto al Cannes Boat Show, dove però il 200R non era ancora disponibile.

Mercury Racing 150R.

Entrando nel dettaglio, la tecnologia Transient Spark adatta elettronicamente i tempi di iniezione producendo una maggiore coppia. Il regime massimo del 150R è di 6.000 giri/min, mentre il 200R alza la soglia a ben 6.400 giri/min.

Prestazioni, sì, ma non a discapito della leggerezza, infatti il Mercury Racing 200R ha un peso che parte da 213 kg, mentre il 150R va da 216 kg in su.

Questo perchè il più performante dei due è disponibile con due configurazioni di piede dell'elica: il Torque Master è progettato per barche da pesca competitive e imbarcazioni più pesanti; lo Sport Master, invece, con la sua forma affusolata è pensato per barche ad alte prestazioni che navigano a velocità superiori agli 85 nodi.

Come va il nuovo Mercury Racing 150R - la nostra prova

A bordo dell'Iron 647, il più piccolo dei motoscafi del cantiere svedese, abbiamo fatto il test del Mercury Racing 150R in singola unità.

Stiamo parlando di un fuoribordo da 150 cv, ma si può assaporare tutta l'essenza di Mercury Racing per far divertire gli amanti della nautica.

La reattività della risposta della manetta è incredibile: basta affondare un po' di più il gas che il motore risponde istantaneamente e con una voce così profonda che penetra nel cuore e ti conquista.

Mercury Racing 150R.

La vera sorpresa di questo nuovo 150R, però, è la sua fruibilità nell'utilizzo. Infatti, nonostante stiamo parlando di un modello ad alte prestazioni della famiglia Racing, riesce comunque ad essere moderato.

A manetta costante, a velocità di crociera, il fuoribordo è pacato e silenzioso e garantisce consumi ottimi. Per darvi dei riferimenti, a 22 nodi, con il regime di rotazione a 3.500 giri/min, gli strumenti di bordo ci hanno indicato un consumo nell'ordine dei 21 litri/ora.


Leggi anche: Mercury Racing lancia il nuovo V8 500R, il fuoribordo di serie più estremo del brand


La scheda tecnica del Mercury Racing 150R e del 200R

Mercury Racing 150RMercury Racing 200R
Cilindrata3.400 cc3.400 cc
Tipo motoreV6 a 64° DOHV 24 valvoleV6 a 64° DOHV 24 valvole
Regime di rotazione5200 - 6000 giri/min5800 - 6400 giri/min
Rapporto di trasmissione1.85:11.75:1
AlimentazioneIniezione elettronica EFIIniezione elettronica EFI
Alesaggio per Corsa92 x 86 mm92 x 86 mm
Lunghezza gamboL (508 mm) - (635 mm)L (508 mm)
Peso a secco216 kg (L) - 220 kg XL213 kg (Torque M.) - 222 kg (Sport M.)

I dati della prova del Mercury Racing 150R


Clicca e scopri tutta la gamma dei fuoribordo ad alte prestazioni di Mercury Racing sul sito ufficiale (in inglese)


Suzuki rafforza l'ampia gamma dei suoi fuoribordo con aggiornamenti mirati ai motori V6 con comandi meccanici, in particolare si tratta dei Suzuki DF250, DF225 e DF200, che puntano a offrire ancora più robustezza, affidabilità e performance. Per questo sono adatti anche per un uso professionale: ecco le novità tecnologiche 2025.

Suzuki DF250, DF225 e DF200

Nuovo sistema di aspirazione più efficiente

I nuovi Suzuki DF250, DF225 e DF200 si basano tutti su un blocco 4 tempi da 3,6 litri e sei cilindri disposti a V di 55°. La calandra continua a puntare su un design semplice e tradizionalista, ma i tecnici giapponesi sono comunque riusciti a lavorare sulle forme per rendere il tutto più compatto.

Questa piccola novità estetica è conseguenza del nuovo sistema di ingresso dell'aria, che promette minor presenza di spray salino e particelle d’acqua dai condotti.

In più è stato introdotto il sistema Suzuki Multi-Stage Induction, con collettori di aspirazione multistadio che agevolano l’ingresso della giusta quantità di aria nei cilindri a seconda del regime di rotazione. Il risultato è un rendimento ottimale, insiema a una migliore combustione e maggiore resistenza alla corrosione e all’usura.

Novità elettroniche in nome della praticità per i nuovi Suzuki DF250, DF225 e DF200

Sul fronte tecnologico, debuttano su questi tre fuoribordo il sistema di avviamento senza chiave Suzuki Keyless Star System e l’Automatic Trim, ovvero il controllo automatico dell’inclinazione che aiuta a mantenere un assetto ottimale della barca.

La nuova generazione di motori Suzuki V6 include anche il sistema SDSM+ (Suzuki Diagnostic System Mobile Plus), che consente agli utenti di controllare i dati dell’unità termica direttamente dallo smartphone.

Leggi anche la nostra prova di un'altra versione del 250 cv, il Suzuki Kuro 250

La scheda tecnica del Suzuki DF250, DF225 e DF200

DF200DF225DF250
Tipo4T DOHC V6 55°4T DOHC V6 55°4T DOHC V6 55°
Cilindrata3.614 cc3.614 cc3.614 cc
Versione gamboL: 508 mmX: 635 mmX: 635 mm
Alesaggio x Corsa95 x 85 mm95 x 85 mm95 x 85 mm
Potenza fiscale30 cv30 cv30 cv
Regime di utilizzo ottimale5.000 - 6.000 giri/min5.000 - 6.000 giri/min5.000 - 6.000 giri/min
Sistema di alimentazioneElettronica multipoint sequenzialeElettronica multipoint sequenzialeElettronica multipoint sequenziale
Alternatore12V - 54A12V - 54A12V - 54A
AvviamentoElettricoElettricoElettrico
CarburanteBenzinaBenzinaBenzina
Capacità coppa olio8 litri8 litri8 litri
Cambio A - F - R A - F - R A - F - R
Elicain acciaio di seriein acciaio di seriein acciaio di serie
Elica standardA sceltaA sceltaA scelta
Possibilità passo elica15" - 27,5" (R/R) - 17" - 26" (C/R)15" - 27,5" (R/R) - 17" - 26" (C/R)15" - 27,5" (R/R) - 17" - 26" (C/R)
Rapporto al piede2,29:12,29:12,29:1
Dispositivo di assettoTrim & Tilt con Tilt LimitTrim & Tilt con Tilt LimitTrim & Tilt con Tilt Limit
Peso264 kg275 kg275 kg
Prezzo (a partire da) Iva inclusa20.550 euro21.050 euro21.850 euro

Clicca ed entra nel sito di Suzuki Italia Marine

Per capire cos'è Fathom e-Power la si potrebbe riassumere in un brevissimo concetto: è un sistema che trae l'approvvigionamento di energia elettrica a bordo dal motore fuoribordo e non da un classico generatore.

Un risultato molto interessante che si traduce anche in una miglior ottimizzazione dello spazio, minor rumorosità e maggior autonomia delle batterie.


Il Fathom e-Power spiegato anche nel nostro video


Come funziona Fathom e-Power

Per comprendere al meglio il principio di funzionamento di questa tecnologia è bene partire dalle basi, cioè da come funziona un generatore: semplificando è un sistema da installare a bordo composto da un motore a scoppio, che fa muovere un alternatore per produrre l'energia elettrica necessaria a far funzionare gli strumenti e le utenze a bordo.

Invece Fathom e-Power sfrutta il motore stesso dell'imbarcazione come fonte di energia, ispirandosi alle auto ibride, dove il motore a benzina lavora in sinergia con un motore elettrico che funge da booster e alternatore.

Sistema Fathom e-Power.

E nel nuovo sistema di Navico ciò è reso possibile grazie al supporto di Mercury Marine, che ha evoluto i suoi fuoribordo top di gamma V10 e V12 da 350 a 600 cv, dotandoli di un alternatore più potente a 48V (clicca qui per scoprire di più nel nostro articolo sui Mercury V10 e qui per scoprire i V12).

Inoltre, le batterie sono realizzate da Matervolt che, come Navico e Mercury Marine più altre aziende coinvolte nello sviluppo degli altri componenti, è un'azienda di proprietà del gruppo Brunswick.

Batterie Mastervolt.

Il fatto di avere realizzato tutto in casa un sistema così articolato, senza interventi da altre aziende esterne, porta ai massimi livelli l'affidabilità del Fathom e-Power e dà agli utenti anche la possibilità di avere un solo referente in caso di necessità di assistenza.

Ricarica super rapida e grandi vantaggi

Vediamo allora più nel dettaglio il Fathom e-Power: questa tecnologia è composta da più elementi, come il pacco batterie al litio, il convertitore di tensione e i vari dispositivi di gestione.

In navigazione e anche alla fonda, i Mercury sono in grado di ricaricare le batterie con potenza di ricarica decisamente importante: parliamo di 4,3 kW per motore (valore che, tra l’altro, sale a 5,4 kW in modalità Boost).

Questa grande quantità di energia prodotta e immagazzinata è quella che poi serve ad alimentare tutti i dispositivi di bordo, dal frigo agli stabilizzatori.

Componenti del Fathom e-Power System.

Fathom e-Power vs generatore

Il sistema ha notevoli potenzialità. Prima di tutto l’ottimizzazione dello spazio a bordo, in quanto Fathom e-Power è praticamente un cablaggio che gestisce e conduce l'energia al pacco batterie che comunque è modulabile, mentre il generatore è un blocco unico di dimensioni specifiche.

Poi c’è un motore in meno che gira (quello del generatore), perché sono i fuoribordo stessi a produrre quell’energia che di norma produce il generatore.

Questo fa in modo di arrivare in rada con le batterie sempre cariche, quindi di eliminare anche la rumorosità del generatore, a meno che durante la sosta non si esaurisca tutta l'elettricità accumulata.

Display Fathom e-Power System.

E se siamo alla fonda e abbiamo finito tutta l’energia?

No problem: alla stessa stregua di un generatore, l’azione di ricarica da parte dei fuoribordo può avvenire anche a barca ferma. Basta attivare la modalità di ricarica e i motori si mettono ad un regime costante ed efficiente per produrre energia.

Per ora l’attivazione all’ancora è solo manuale per questioni di sicurezza, ma è prevista anche la possibilità di automatizzarlo.

Naturalmente dove c’è elettronica, c’è anche digitalizzazione: questo significa che, oltre ai classici display a bordo dedicati al sistema, si può anche monitorare le svariate funzionalità di Fathom e-Power anche tramite App su smartphone.

App per smartphone Fathom e-Power System.

Su che tipo di imbarcazione si può montare Fathom e-Power? E si può usare su barche già naviganti?

Abbiamo parlato di motori fuoribordo, quindi ci si potrebbe aspettare che questa tecnologia sia dedicata solo a barche di piccole medie-dimensioni, 10 metri circa.

In realtà visto che parliamo di V10 e di V12, questo sistema si adatta anche a imbarcazioni di dimensioni importanti, che possono essere equipaggiate con più fuoribordo.

Se pensiamo a questa tecnologia, la cosa impressionante è che alla fine si tratta di un insieme di elementi facilmente installabili a bordo, sia da parte del produttore sia in retrofit sulla vostra barca già navigante.

Pacco batterie Mastervolt.

Il costo finale è modulabile come il sistema Fathom e-Power

Anticipare un prezzo e un vantaggio in termini di peso è impossibile: infatti, il pacchetto è personalizzabile a seconda delle esigenze dell’armatore e delle dimensioni dell’imbarcazione, quindi il prezzo e il peso possono variare notevolmente in base a quante utenze ci sono e alla composizione del pacco batterie.

E i consumi?

Possiamo invece fare un ragionamento sul capitolo consumi: viene da pensare che la ricarica comporti uno sforzo maggiore dei motori e quindi un maggior dispendio di carburante.

In realtà, come ci hanno detto i tecnici di Navico, non ci sono variazioni significative, ma appena avremo l’occasione di provarlo in mare vi daremo testimonianza diretta di questa affermazione.


Scopri Fathom e-Power anche sul sito ufficiale in Navico (sito in inglese)


Dalla vela alle barche a motore: sempre più cantieri specializzati in imbarcazioni spinte dal vento stanno allargando i propri orizzonti verso modelli a carburante, e ora è arrivato anche il momento di Mylius Yachts, che ha appena lanciato la sua prima imbarcazione a motore: il Mylius 62P.

Il cantiere italiano si è messo al lavoro su ben tre modelli a motore: un motoscafo, un catamarano e una navetta, ed è proprio da quest’ultima che è partito il nuovo capitolo della storia dell’azienda piacentina.

Si chiama Mylius 62P, una navetta di quasi 20 metri (lunghezza fuori tutto di 19,5 metri, per la precisione), che sorprende per le affascinanti ambientazioni, la dinamicità in navigazione e l’accurata gestione dei volumi interni.

Dopo aver scoperto questo motoryacht in anteprima al Salone di Cannes 2023, finalmente sono riuscito a salirci a bordo con più calma per scoprire come si comporta in mare: ecco come è andata la nostra prova nei dintorni di La spezia e le Cinque Terre.

Mylius 62P: italianità al cento per cento

Disegnato e progettato dallo studio Ceccarelli Yacht Design, in collaborazione con lo studio Parisotto + Formenton per quanto riguarda gli interni, il nuovo Mylius 62P si inserisce chiaramente nel mondo delle barche long range.

Mylius 62P.

A differenza dei tipici modelli nordici, però, le forme dello scafo sono più sinuose ed eleganti e creano un suggestivo contrasto con le geometrie scolpite del T-top e del fly, entrambi realizzati in fibra di carbonio per abbassare il baricentro.

Il cantiere italiano offre un alto livello di personalizzazione, sia in termini estetici che pratici, e questo primo esemplare è un perfetto esempio di quanto il brand sia in grado di assecondare le richieste dell’armatore.

Tra i dettagli più interessanti c’è la plancetta di poppa idraulica, che può snodarsi sia verso l'alto sia verso il basso, per agevolare l’accesso dal molo o per immergersi completamente in acqua.

Questa soluzione è stata richiesta dall’armatore, così come la scala a chiocciola per salire sul ponte superiore, elemento che difficilmente si trova su imbarcazioni di queste dimensioni.

Scala a chiocciola.

Infatti, uno degli ospiti più frequenti a bordo è il migliore amico peloso dell’armatore che, giustamente, può muoversi in libertà e scendere e salire dall’imbarcazione senza difficoltà.

Da sogno il fly bridge dove c’è la timoneria secondaria, un’area per cucinare e un’infinita superficie di cuscini.

Vista sul flying bridge.

In coperta come a casa: spazio e comodità

Anche la postazione di comando al coperto garantisce un’ottima visibilità al timoniere, che può facilmente comunicare con l’equipaggio tramite la porta di servizio a scorrimento sul lato di dritta. Il design della plancia è high-tech con ben 3 monitor per gestire tutta l’imbarcazione, mentre i tasti meccanici solo per i comandi essenziali.

Salone.

Nel salone la gestione dei volumi è eccellente, così come l’illuminazione naturale e la privacy nelle ore notturne. Qui c’è un vero e proprio piano bar per servire gli ospiti e vivere al massimo i party in barca.

Cucina.

La zona cucina è compatta ma ben studiata (come da richiesta), infatti c’è tutto quello che serve: un ampio lavandino, forno, fornelli a induzione, lavastoviglie e uno dei ben quattro frigoriferi distribuiti in giro per l’imbarcazione, il secondo dei quali è cantinetta per i vini. E c’è anche la macchina per il ghiaccio.

Bella e pure funzionale la soluzione di inserire una sorta di bancone nel mobile, che ha la doppia valenza di circoscrivere l'area della cucina e al tempo stesso offrire anche una zona bar rivolta verso il living.

Layout di coperta del Mylius 62P.

La magia della cabina armatoriale

Il ponte sottocoperta è altrettanto ben studiato: a prua, con ingresso separato, c’è la cabina (con bagno) per l’equipaggio, mentre il resto del layout è riservato alle due cabine destinate all'armatore e ai suoi ospiti.

Cabina ospiti del Mylius 62P.

Agli ospiti è riservata una cabina doppia, con letto matrimoniale, ma su questo modello sono stati scelti due letti singoli.

Qui c’è tutta la superficie necessaria per muoversi tranquillamente in due. C'è poi un armadio e un divanetto privato dove rilassarsi. Il bagno ha la doccia separata e ha il doppio accesso per fungere anche da toilette a uso giorno.

Cabina armatoriale del Mylius 62P.

Al centro dello scafo non poteva che esserci la cabina armatoriale a tutta larghezza e con un'altezza che permette di stare tranquillamente in piedi anche a chi è alto più di 1,85 metri.

Cabina armadio al servizio dell'armatore.

Tra i dettagli da sogno è presente una cabina armadio bella spaziosa. Anche il bagno privato è di buone dimensioni, tant'è che oltre alla doccia separata, c'è spazio anche per il bidet.

Layout sottocoperta del Mylius 62P.

Come naviga il Mylius 62P

A bordo del nuovo Mylius 62P ci si gode piacevoli giornate in mare all’insegna del relax: a basse velocità lo scafo offre grande stabilità, merito anche della prua rovesciata che taglia in due le onde senza difficoltà.

In condizioni avverse come quelle del test, la tenuta del mare è ottima: con onda lunga, la barca è sempre controllabile e l’effetto di impatto della carena sull’acqua è praticamente nullo.

Mylius 62P.

Non fatevi però ingannare dalle dimensioni e dalle forme da navetta perché questo motoryacht di 19,5 metri nasconde un’inaspettata sportività.

Per non farci mancare nulla, nel corso della prova ci siamo ritrovati nel bel mezzo di un’esercitazione militare in cui ci è stato chiesto di sgomberare rapidamente l’area.

Abbiamo allora affondato la manetta e chiesto il massimo ai due motori Volvo Penta D13 da 1.000 cv Ips1350: nel giro di pochi secondi ci siamo ritrovati in planata e superato i 25 nodi senza timore.


Leggi di più nel nostro articolo sul Volvo Penta D13 da 1000 cv


Una reattività che non ci si aspetta da una navetta di queste dimensioni, a conferma della polivalenza del primo yacht di Mylius, che quindi sa offrire un grande piacere nella navigazione lenta con i vantaggi e la reattività di un’imbarcazione più dinamica.

I consumi li trovate qui sotto: purtroppo le condizioni avverse del mare non ci hanno permesso di rilevare tutti i dati nell'intero range di giri dei motori, ma torneremo presto a rifare la prova completa e aggiorneremo i dati mancanti.

I numeri del Mylius 62P

Scheda tecnica

Lunghezza f.t.19,50 m
Lunghezza al galleggiamento18,50 m
Larghezza5,60 m
Immersione1,50 m
Dislocamento40.500 kg
Serbatoio carburante3.000 l
Cabine2 + 1 equipaggio
Motori2x1000 cv Volvo Penta D13 Ips1350
Omologazione CeCat. B

I dati della prova del Mylius 62P

Giri/MinVelocità (Nodi)Consumi (Litri/ora)
600611
1.00010,149
1.50015,6140
1.750 (planata)20,5150
2.000--
2.500--
3.000--
3.500--

Clicca ed entra nel sito ufficiale di Mylius Yachts


L’elettrico a batteria è l’unica soluzione per una mobilità (su terra e su acqua) più sostenibile? Avrete sicuramente intuito che la risposta è no.

A dirlo nella teoria è uno studio dell'International Council of Marine Industry Associations (ICOMIA), che afferma che un approccio a più livelli è il modo migliore per continuare la decarbonizzazione della nautica da diporto, ma lo dice anche la pratica e non solo in ambito marittimo.

Infatti, tra le alternative più gettonate per raggiungere le zero emissioni c’è l’idrogeno che, tra l’altro, può essere sfruttato in due diverse modalità di cui vi parliamo più chiaramente in questo articolo.

Dopo aver già lanciato Harmo, l’elettrico di nuova generazione, Yamaha ha presentato il primo motore fuoribordo a idrogeno. Fantascienza o realtà? Scopriamolo insieme.

Fuoribordo a idrogeno: un progetto futuribile supportato da tre grandi aziende

Allo stato attuale il nuovo fuoribordo a idrogeno di Yamaha è ancora un prototipo in piena fase di sviluppo, anche per capire se possa essere effettivamente una soluzione adatta alla nautica, ma i primi test in acqua sono previsti già nell’estate 2024.

Sistema di stoccaggio dell'idrogeno a bordo barca.

Il blocco è sviluppato in collaborazione con Roush (che da quasi 50 anni è di riferimento nella fornitura di servizi innovativi di progettazione, collaudo, prototipazione e produzione ai settori della mobilità avanzata, aerospaziale, della difesa e dei parchi a tema) e Regulator, cantiere statunitense specializzato in imbarcazioni da pesca sportiva offshore.

Come è fatto il nuovo fuoribordo a idrogeno di Yamaha

Al momento non ci sono informazioni tecniche di nessun tipo relative al range di potenza, ma in un breve video divulgato da Yamaha (vi riportiamo le immagini qui sotto) viene mostrato chiaramente un grosso blocco V8. Sembra lo stesso della famiglia XTO, quindi alte prestazioni, dai 400 CV in su.

Le prime informazioni parlano anche di sistema di alimentazione, quindi supponiamo si tratti di iniezione diretta di idrogeno all’interno del motore: per semplificare, è lo stesso concetto della benzina che viene immessa in camera di scoppio.

Fuoribordo a idrogeno Yamaha.

Leggi anche: Yamaha spinge sui fuoribordo con un nuovo motore V6 da 350 cv


Uno dei grandi vantaggi di questa scelta tecnica è che, sfruttando la struttura di un motore tradizionale, bastano “solo” alcune modifiche meccaniche per avere i vantaggi relativi alle emissioni pulite del H2 (nella combustione non produce CO2 ma solo una piccola quantità di NOx).

La duplice via dell’idrogeno: celle a combustibile e iniezione diretta

Facciamo un breve passo indietro: l’idrogeno può essere sfruttato in due modi. Il primo, più conosciuto nel mondo delle auto (alcuni modelli come la Toyota Mirai sono basati su questa tecnologia), è l’idrogeno a celle combustibile.

Questo significa che l’idrogeno immagazzinato nei serbatoi, tramite l’elettrolisi inversa, reagisce con l’ossigeno direttamente a bordo dando origine a energia elettrica, calore e acqua. L’energia elettrica viene poi immagazzinata in piccole batterie e sfruttata per alimentare un motore elettrico che dà motricità. Quindi il mezzo può essere considerato elettrico.

Il secondo invece vede l’idrogeno come carburante iniettato direttamente nel motore che, come oggi, è composto da pistoni, bielle, valvole e tutto il resto.

Nelle moto si parla già di questo sistema: proprio Yamaha, in collaborazione con altri colossi giapponesi (Kawasaki, Suzuki e Honda), sta sviluppando un motore a iniezione diretta di idrogeno.

Il primo prototipo denominato Ninja H2 HySE ha già presto forma e la casa di Iwata ha anche già costruito un blocco V8 5.0 litri a idrogeno con cui un’auto da corsa Toyota ha portato a termine una gara di 24 ore sul tracciato del Fuji.

Idrogeno o batteria? Il futuro è molto vicino

Tornando al progetto nautico di Yamaha, Regulator Marine ha già costruito uno scafo basato sul Regulator 26XO: le modifiche principali sono state effettuate per ospitare i serbatoi di idrogeno necessari per alimentare il nuovo fuoribordo.


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Le immagini mostrano che, su questo modello da 8,2 metri di lunghezza, i tecnici sono riusciti ad alloggiare 3 serbatoi in prossimità della chiglia per bilanciare al meglio i pesi

Non sappiamo ancora la quantità di idrogeno che possono contenere ma, considerando che sulla Toyota Mirai i 142 litri di volume (5,6 kg la capacità in chilogrammi) si traducono in 650 km di autonomia, anche nella nautica si potrebbero raggiungere ore di navigazione interessanti e paragonabili a quelle del carburante tradizionale.

Rimaniamo in attesa di ulteriori aggiornamenti in merito a questa novità della nautica che farà il suo debutto in acqua quest’estate.

Nel corso della stagione calda, quindi, potrebbero essere annunciati ulteriori dettagli e sviluppi in merito al nuovo motore a idrogeno marchiato Yamaha.


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“Aggiungendo potenza andrai più veloce in rettilineo, togliendo peso andrai più forte ovunque”. Queste celebri parole sono di Colin Chapman, pilota automobilistico negli anni ’50 nonché fondatore del Team Lotus. Per fare le corse non serve solo aggiungere cavalli, e Mercury Racing questo lo sa bene.

Nasce così il nuovo motore fuoribordo Mercury Racing 60 APX, un blocco sviluppato appositamente per le competizioni in circuiti chiusi, più precisamente per la classe UIM Formula 4s, che sorprende per il rapporto peso/potenza. Vediamo insieme come è fatto e quanto veloce può andare.

Gara UIM Formula 4s.

Potenza e affidabilità come sui motori di serie con meno costi di gestione

Le corse sono velocità ma anche sviluppo, e la branca Racing del grande costruttore americano di motori ha accumulato tantissimi anni sui campi di gara così da sfruttare questa fondamentale esperienza anche sui propri prodotti di serie.

Il nuovo fuoribordo di 60 cv di Mercury Racing è stato quindi progettato per avere le massime prestazioni a fronte di una manutenzione minima, così da ridurre i costi durante il campionato.

Il blocco infatti verrà montato sui leggerissimi catamarani (solo 360 kg per 3,9 metri di lunghezza) della UIM Formula 4s, classe molto diffusa in Europa e nel Medio Oriente, dove i giovani piloti si danno battaglia per guadagnarsi un posto sui più prestazionali motoscafi Formula 2 e Formula 1.

Le caratteristiche tecniche del nuovo Mercury Racing 60 APX

Con un peso a secco di soli 112 kg, il nuovo Mercury Racing 60 APX è basato su un motore quattro cilindri in linea da 995 cc che su queste imbarcazioni permette di raggiungere i 75 nodi (circa 120 km/h).

La potenza massima è di 60 cv con benzina da 90 RON (87 ottani), mentre il regime di rotazione massimo è tra i 6.000 e i 6.400 giri/min.

Gara UIM Formula 4s.

Per migliorare le prestazioni il fuoribordo ha una sezione centrale da 15” ed è dotato delle “wing plates” necessarie al sistema di sterzo dei motoscafi da corsa con struttura a tunnel. La scatola del cambio del 60 APX è la stessa dei motori di serie Mercury: lo scarico quindi è sott’acqua e il rapporto è di 1.82:1.

Sul fronte estetico, invece, Mercury Racing ha voluto enfatizzare il carattere di questo nuovo fuoribordo da corsa ispirandosi alle grafiche del 4.6 litri V8 360 APX e del 3.4 litri V6 200 APX usati sempre sui campi di gara. Quindi base nera, scritte argentate e una fascia blu che richiama la velocità, il mare e la bandiera a scacchi.


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Mercury Racing 60 APX.

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Il mercato dei fuoribordo senza patente è agguerritissimo e a movimentare questo segmento di mercato sono arrivati i nuovi Suzuki DF40A RR e Suzuki DF40A Ari RR.

D’altronde i fuoribordo da 40 cv permettono a molti appassionati di godersi il mare senza impegno e, in più, c’è anche l’enorme fetta di noleggi che devono offrire flotte efficienti e affidabili.

Ma non è tutto: anche se parliamo di potenze ridotte, le prestazioni non devono e non possono mancare, così come i consumi devono essere contenuti.

Insomma, per essere della partita in questo segmento bisogna giocare con tutti i Jolly che si hanno in mano.

Ecco perché Suzuki ha svelato i nuovi DF40A, sia nella versione base sia nella versione Ari, che guadagnano la sigla RR a conferma degli aggiornamenti introdotti nel 2024, ma che non vanno a sostituire i precedenti due nella gamma di Suzuki (che ora acquisiscono la sigla Tech), ma vi si affiancano per offrire la più articolata offerta di motori senza patente.

Come cambiano i fuoribordo Suzuki da 40 CV

I nuovi Suzuki DF40A RR e Suzuki DF40A ARI RR rendono omaggio alla vincente GSX-RR, la MotoGP di Suzuki che nel 2020, anno del centesimo anniversario del marchio, ha riportato in casa Suzuki il titolo mondiale con Joan Mir.

La doppia R, però, non è solo un semplice gioco di marketing: per il 2024 i tecnici di Hamamatsu hanno lavorato principalmente sull’elettronica di questi fuoribordo per ottimizzare performance ed efficienza.

Vediamoli allora più nel dettaglio e partiamo dalla versione base, il Suzuki DF40A RR. Come in passato il blocco è un tre cilindri da 941 cc di cilindrata, 12 valvole con doppio albero a camme in testa e dotato di catena di distribuzione che riduce la manutenzione e aumenta l’affidabilità.

Meccanicamente, quindi, non ci sono differenze, ma le prestazioni hanno fatto un ulteriore step in avanti grazie ai nuovi parametri di erogazione della centralina, che migliorano la coppia ai bassi e la velocità di punta incrementata anche dal regime di rotazione massimo alzato di 250 giri al minuto.

Il test in navigazione con il Focchi 510 e il Suzuki DF40A RR

A parità di blocco gli aggiornamenti 2024 alla centralina del Suzuki DF40A RR hanno permesso di migliorare le prestazioni, qualità che effettivamente si possono percepire a bordo del Focchi 510.

Prestazioni che appunto migliorano rispetto al 40 cv Suzuki in gamma fino a ora e, giusto per darvi dei numeri, durante la prova ci siamo spinti a ben 27 nodi con tre persone a bordo e il serbatoio al 90%.

Insomma, un gran bel risultato ma come sempre i tecnici di Hamamatsu non si sono dimenticati del fattore efficienza.

Ecco perché anche il nuovo Suzuki DF40A RR, così come del resto anche il DF40A ARI RR, puntano ancora sulla tecnologia Lean Burn, una tecnologia che è in grado di smagrire la carburazione ad acceleratore costante in modo tale da migliorare i consumi e quindi l’efficienza.

Su barche o gommoni compatti e agili come il Focchi 510, il risultato è più che garantito, sia in termini di divertimento che di consumi.

Giocando con la manetta si può apprezzare una spinta corposa paragonabile quasi a quella di un 60 cv, mentre i consumi rilevati si confermano tra i migliori del segmento: a 3.500 giri/min, al limite di planata, si marcia a una velocità di 12 nodi con un consumo di circa 7,4 litri/h.

Insistendo con la manetta, prestazioni ed efficienza si fondono con ancora più armonia: portando la velocità sui 20 nodi i consumi salgono a 11 litri/ora, a 24 nodi si passa a 17,9 litri ora e a tutto gas con il trim del motore leggermente più alto si sfiorano i 28 nodi a 5.500 giri/min e 18,5 litri di benzina consumati all’ora.

Questa novità Suzuki si fa grande anche sul fronte dell’interfaccia con il driver: infatti, come i motori di fascia superiore dotati di comando elettronico, anche i 40 CV RR diventano più tecnologici grazie allo strumento multifunzione MFG da 4”.

Lo schermo è moderno, chiaro nelle informazioni e facilmente configurabile, peccato solo per qualche riflesso di troppo quando il sole colpisce il display.

Spinta infinita con Suzuki DF40A ARI RR: la prova con il Focchi 640

Il Suzuki DF40A ARI RR è una versione dedicata più a imbarcazioni pesanti o più lunghe, come il gommone Focchi 640, seconda barca usata per questo test in anteprima.

Grazie a un rapporto al piede più corto e a un’elica più grande, il Suzuki DF40A ARI RR offre una spinta superiore del 42%, qualità numerica che si percepisce concretamente anche in navigazione.

Basta infatti un filo di gas per apprezzare una notevole coppia che permette di raggiungere velocemente la planata anche a pieno carico, a discapito ovviamente di una velocità di punta leggermente inferiore rispetto al fuoribordo in versione base.

Silenzioso e pacato a basse andature, sopra i 15 nodi il blocco trasmette tanta grinta valorizzata da un suono cupo e deciso, ma per nulla fastidioso.

Sopra questa velocità i consumi sono ottimi, merito anche della carenatura dei gommoni del cantiere italiano che taglia le onde come una lama garantendo stabilità e divertimento anche a tutta manetta.

Per darvi dei numeri, a 17 nodi si naviga a circa 12 litri/ora, valori che passano a 14,5 e a 20,2 litri ora rispettivamente a 20 e 22 nodi, quest’ultima la velocità massima a cui si spinge il binomio Focchi-Suzuki ARI.

Colori e prezzo dei nuovi Suzuki senza patente da 40 cv

Con la sigla RR, i nuovi Suzuki DF40A RR in versione base ed ARI confermano valori di prestazioni ed efficienza ad un livello ancora superiore. Entrambi i modelli sono disponibili in due colorazioni, nero o bianco: per quanto riguarda i prezzi, il listino 2024 è di 7.550 euro (IVA inclusa) per il fuoribordo base e di 8.100 euro (IVA inclusa) per l’ARI RR.

Guarda anche al nostra prova in video


Leggi anche il nostro test del Suzuki DF250 Kuro, l'altra novità 2024 della casa giapponese


I numeri del Suzuki DF40A RR e Suzuki DF40A Ari RR


Scheda Tecnica del Suzuki DF40A RR

Tipo motore4 tempi DOHC, 3 cilindri in linea, 4 valvole per cilindro
Cilindrata941 cc
Alesaggio x Corsa72,5 x 76 mm
Potenza fiscale12 cv
Regime di utilizzo normale5.000 - 6.000 giri/min.
Alternatore12V - 19A
Capacità coppa olio2,7 litri
Peso104 kg

Scheda Tecnica del Suzuki DF40A ARI RR

Tipo motore4 tempi DOHC, 3 cilindri in linea, 4 valvole per cilindro
Cilindrata941 cc
Alesaggio x Corsa72,5 x 76 mm
Potenza fiscale12 cv
Regime di utilizzo normale5.300 - 6.300 giri/min.
Alternatore12V - 19A
Capacità coppa olio2,7 litri
Peso115 kg

I dati della prova del Suzuki DF40A RR con il Focchi 510

Giri/MinVelocità (Nodi)Consumi (Litri/Ora)
80020,5
1.00030,8
1.50041,4
2.00052,1
2.50063,5
3.00075,2
3.500 (planata)127,4
4.000169,2
4.5002011
5.0002315
5.500 (trim giù)2417
5.500 (trim 50%)2718,5
Condizioni della prova: onda lunga - 3 persone a bordo - carburante imbarcato 90%

I dati della prova del Suzuki DF40A ARI RR sul Focchi 640

Giri/Min.Velocità (Nodi)Consumi (Litri/Ora)
80020,5
1.00030,8
1.50041,4
2.00052
2.50063
3.00074,2
3.50095,7
4.000116,7
4.500148,7
5.0001712
5.5002014,5
5.80020,518
6.2002220,2

Clicca qui per vedere tutta l’offerta dei fuoribordo da 40 cv di Suzuki sul sito ufficiale.


L’era della nautica a zero emissioni è iniziata e sembra che Mercury abbia tutte le intenzioni di cavalcare l'onda, come intende confermare con il lancio dei nuovi fuoribordo elettrici Avator 75e e 110e, che si aggiungono ai tre motori più piccoli, il 7.5e, il 20e e il 35e.

Non si era ancora vista una gamma così articolata di fuoribordo elettrici, peraltro lanciati nell'arco di poco più di un anno, e creata da un costruttore tradizionalmente di motori endotermici.

In questa delicata fase di crescita del segmento della mobilità elettrica, dove i costruttori giapponesi si stanno ancora inserendo, il marchio a stelle e strisce ha dunque voluto affondare la manetta e portare la famiglia di motori alimentati a batteria a cinque modelli.

Mercury Avator 75e.

I top di gamma dei fuoribordo elettrici di Mercury: ecco le potenze

La casa americana ha deciso di puntare ancora più in alto con i nuovi Mercury Avator 75e e 110e, i primi due modelli ad alto voltaggio.

Non sono ancora state rilasciate informazioni dettagliate a riguardo, ma possiamo già anticiparvi i valori di potenza: 7,5 kW per il 75e, quindi circa 10,2 cv all'elica, e 11 kW per il 110e, che corrispondono a 15 cv tondi tondi.

Mercury Avator 7.5e, il fuoribordo elettrico con tecnologia avanzata. Lo abbiamo provato

Le potenzialità di utilizzo dei Mercury Avator 75e e 110e

In realtà, i due nuovi blocchi elettrici dovrebbero offrire prestazioni paragonabili a quelle di un fuoribordo tradizionale a benzina più potente, quindi nell’ordine dei 20 e quasi 30 cv rispettivamente per il 75e e il 110e.

Infatti, i motori elettrici riescono a offrire il massimo della coppia già da 0 giri/min, garantendo quindi maggior spunto e tempi di accelerazione più bassi.

Mercury Avator 75e

Questo significa che, se prima la famiglia dei fuoribordo elettrici di Mercury puntava esclusivamente a una navigazione più lenta, ora, grazie a queste due novità più performanti, gli orizzonti si allargano verso imbarcazioni più grandi come natanti multiscafo in alluminio e materiali compositi, barche da pesca in alluminio, gommoni e piccoli motoscafi in fibra di vetro.

Analogamente ai modelli 20e e il 35e, i nuovi motori saranno utilizzati anche da flotte commerciali e nelle vie navigabili soggette a restrizioni ICE.

Che grinta i nuovi Mercury Avator 75e e 110e in azione

Le foto mostrano i due blocchi montati su due diversi tipi di imbarcazione: il 75e su una piccola barca che si muove anche a velocità modeste, il 110e invece su un motoscafo dal dna sportiveggiante che non nasconde il reale potenziale di queste novità.

Mercury Avator 75e e 110e.

La scia lasciata in movimento è bella lunga e il driver si destreggia anche in virate strette e accelerazioni a tutta manetta, a conferma che ora gli Avator puntano anche al fattore adrenalina.

Batteria e tensione ad alto voltaggio

Il brand a stelle e strisce ha divulgato ancora pochissime informazioni riguardo ai nuovi Mercury Avator 75e e 110e, e purtroppo nessuna sulla questione batterie.

A differenza del modello di ingresso in gamma che è dotato di batteria interna alla calandra, il 20e e il 35e sono alimentati da un pacco batteria (sviluppato in collaborazione con Mastervolt) esterno ed espandibile fino a quattro unità da 2,3 kWh.

Le dimensioni dei nuovi fuoribordo elettrici di Mercury rimangono sempre molto compatte ma, vista la potenza e l’applicazione, ci aspettiamo delle batterie di grandi dimensioni e quindi la soluzione modulabile esterna.

Mercury Avator 75e e 110e.

L’alta tensione a cui sono alimentate le due versioni più potenti (il valore preciso non è stato dichiarato) ci potrebbe suggerire tempi di ricarica più bassi rispetto alle 5 ore necessarie per fare un pieno di elettroni a uno dei moduli batteria sopra citati.

Stesso discorso per la questione timoneria: gli altri Avator meno performanti offrono doppia configurazione a barra o a timone in plancia e, viste le foto che mostrano la doppia configurazione, possiamo confermare che sarà lo stesso anche sui 75e e 110e.

Il prezzo e la disponibilità dei Mercury Avator 75e e 110e

Quello al Boot di Düsseldorf è stato solo un primo lancio fatto in una fiera internazionale e molto importante per il mercato del diporto nautico, quindi la casa americana ha pensato di cominciare a presentarli subito e poi rilasciare ulteriori dettagli in seguito.

A gennaio 2024, dunque, il prezzo dei nuovi Mercury Avator 75e e 110e non è ancora stato reso noto, ma si saprà sicuramente di più entro la metà del 2024, così come gli altri dettagli tecnici e la disponibilità alle prove di queste due interessanti novità.


Mercury lancia due nuovi fuoribordo elettrici: ecco gli Avator 20e e 35e


Scopri la gamma di fuoribordo elettrici Avator sul sito ufficiale di Marcury Marine Italia


I fuoribordo non vengono più solo abbinati a imbarcazioni di piccole e medie dimensioni: le elevate potenze specifiche offerte oggi dai principali motoristi hanno permesso ai cantieri di sfruttare molto di più il fuoribordo anche su imbarcazioni di grandi dimensioni.

Infatti, che sia per un’applicazione singola o multipla, questa scelta garantisce un’eccellente versatilità, sia in termini di gestione dello spazio a bordo sia di performance.

Ecco perché, al Boot di Düsseldorf, in corso dal 20 28 gennaio 2024, Yamaha ha tolto i veli a un nuovo blocco fuoribordo ad alta potenza: lo Yamaha V6 350 cv, che va a rafforzare la famiglia Premium dei motori del costruttore di Iwata.

Ve lo presentiamo nel dettaglio in questo articolo, dove trovate un’altra interessante novità lanciata dal brand giapponese nei giorni di Salone.

Yamaha V6 350 cv.

Le caratteristiche del nuovo Yamaha V6 350 cv

Il nuovo fuoribordo da 350 cv si inserisce nella gamma dei motori più performanti della famiglia di Iwata e colma quel gap prestazionale che c’era tra i V6 (che si fermavano a 300 cv) e i mostruosi XTO V8 (disponibili in versione da 400 e 450 cv).

Il cuore del nuovo Yamaha V6 350 cv è un sei cilindri a V di 60° con cubatura di 4.256 cc ma, a differenza di quello che si potrebbe pensare, gli ingegneri di Yamaha non si sono limitati ad aggiornare l’elettronica del fuoribordo da 300 cv.

Questo V6 da 350 cv a 6.000 giri/min è stato infatti profondamente riprogettato per estrapolare tutto il potenziale da questo blocco.

Yamaha V6 350 cv.

C’è un nuovo albero motore che ha portato la corsa a 98 mm (contro i 96 mm del modello da 300 cv), le valvole di aspirazione e scarico sono più grandi, sono stati rivisti i profili di entrambi gli alberi a camme per aumentare l’alzata e sfruttare al meglio il sistema di fasatura variabile VCT ed è stato montato il corpo farfallato da 81 mm del XTO V8 da 450 cv.

Si aggiungono poi anche i nuovi collettori di aspirazione simmetrici tra le due bancate per un afflusso di aria più uniforme e maggiore del 40% e una mappatura dedicata.

Insomma, come avrete sicuramente capito, il blocco è stato profondamente evoluto per ricercare maggior coppia in tutti i regimi senza però rinunciare ad una grande affidabilità, come da tradizione giapponese.

Yamaha V6 350 cv: prezzo e colori

Il peso varia tra i 293 e i 304 kg a seconda della lunghezza che si ricerca: a tal proposito le misure disponibili sono tre (X da 25”, U da 30” ed E da 35”).

Per quanto riguarda i colori, la casa di Iwata prevede due tinte: Pearl White e Light Grey Metallic. Invece il prezzo del nuovo Yamaha V6 350 cv, rigging escluso ma Iva inclusa, parte da 39.419 euro. Se è comprensivo di rigging, con elica standard, il valore di partenza sale a 44.169 euro.

Upgrade del sistema Helm Master EX

In occasione della kermesse tedesca, Yamaha ha annunciato anche il rinnovo dell'Helm Master EX, che è il sistema di controllo per facilitare le operazioni di manovra dell’imbarcazione.

Per il 2024, è stato infatti integrato il sistema di gestione dell'elica di prua a velocità variabile con joystick, con l'aggiunta di applicazioni per mono motorizzazioni o motorizzazioni multiple. Questa nuova generazione di propulsori di prua integrati verranno forniti sia da Vetus che da Sleipner.

Ancora novità: ecco la nuova scatola telecomando di Yamaha

Un’altra novità riguarda la scatola telecomando meccanica 704 di Yamaha, che ora è disponibile con una funzione di bloccaggio della folle, che consente al fuoribordo di mantenere la marcia neutra mentre il motore è in funzione.

Grazie alla nuova leva di comando è possibile controllare l'acceleratore con una sola mano e regolare il trim tramite un pulsante integrato nella leva della manetta, azionabile con un solo movimento del pollice.


Leggi anche: I nuovi Yamaha 200 cv si fanno in tre, anzi in quattro


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