Il primo pensiero quando Salvatore Ranieri mi propone di provare il nuovo Ranieri Cayman 19 Sport è stato: “Ma che bisogno c’era di cambiare un modello che andava già molto bene nel suo segmento?”. Poi lo vedo ormeggiato al pontile sulla spiaggia di Soverato e non cambio idea: anzi, per essere sincero, la livrea bianca e nera delle origini mi era sempre piaciuta molto e qui non la ritrovo più.
Però la fiducia nelle capacità del cantiere, le cui barche e gommoni li ho provati quasi tutti, e la curiosità di testare il binomio senza patente Cayman 19 Sport (5,95 m)-Suzuki DF40A Ari RR mi hanno fatto passare oltre per lasciare il pontile fiducioso che anche questa volta Ranieri International (e Suzuki) mi avrebbero convinto.
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L'accoppiamento con il Suzuki DF40A ARI RR è sicuramente una delle soluzioni migliori per esaltare le doti di questo gommone dedicato a tutti quelli che non hanno la patente, ai quali, seppur con il limite dei 40 cv, non viene negata l’ebbrezza della velocità a oltre venti nodi o, più semplicemente, il piacere di planare a una buona andatura anche a pieno carico, ipotesi per altro più probabile.
Queste considerazioni le vedo confermate nel momento in cui affondo la manetta: la progressione è ottima, soprattutto considerando le condizioni del mare non certo favorevoli, dato che ci oppongono vento forte e onda corta e secca. La sensazione è subito positiva: il motore spinge bene e la carena fa il resto, davvero una bella accoppiata.
A bordo siamo due persone con 80% di benzina (84 litri) e zero di acqua: nonostante il mare e il vento abbiamo toccato agevolmente una velocità di punta di 23 nodi a 6200 giri con un leggero intervento di trim, senza esagerare però, perché poi va in cavitazione l’elica. Ottimo il consumo: 21 litri/ora!
Supponendo una navigazione più tranquilla, verifico la planata minima che si fissa a 3.800 giri per 11 nodi, con un consumo di 7,2 litri/ora. Un dato interessante anche se, come spesso succede, la velocità economica di crociera, si colloca più in prossimità dei 20 nodi tra i 5000 e i 5500 giri, cosa che comunque non fa segnare significativi aumenti dei consumi, ed è tutto un altro navigare.
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Il Cayman 19 Sport è stato un po’ l’antesignano dei gommoni di Ranieri International e qui lo ritroviamo dopo anni, e dopo il grande successo commerciale di tutta la gamma Cayman, con una nuova livrea.
Di diverso c’è da sottolineare il nuovo taglio degli inserti di vetroresina e il cambio delle colorazioni. Ai fini dell’uso pratico è sicuramente apprezzabile la console più grande, con un diverso sistema stand-up della seduta e il divanetto di poppa trasformabile in un piccolo prendisole.
In navigazione ho modo di apprezzare la nuova plancia che, benché essenziale come giusto che sia su un gommone di queste dimensioni, è alla prova dei fatti ergonomica, e anche il parabarezza risulta protettivo quello che serve, in particolare in una giornata ventosa come quella che mi trovo ad affrontare: tutto sommato sono rientrato abbastanza asciutto e questo è già un ottimo risultato.
Utile anche il tubo inox a proteggere il plexiglass e al contempo a fornire un solido tientibene. Promossa anche la nuova seduta comoda e pratica in entrambe le posizioni.
Il prendisole prodiero, oltre a nascondere una buona dotazione di gavoni, è estensibile con una prolunga fino alla consolle, offrendo quindi una superficie utile di tutto rispetto. Lo stesso dicasi del divanetto poppiero che trovo più apprezzabile nella posizione canonica, ma se la richiesta a bordo di solarium è elevata, eccolo pronto a trasformarsi abbattendo la spalliera.
Sulla lavorazione e qualità dei materiali non ci sarebbe neppure la necessità di soffermarsi trattandosi di un Ranieri International, ma un apprezzamento è d’obbligo e poi, alla fin fine, pure la nuova colorazione riesce a non far rimpiangere l’originale bianco/nera.
In chiusura un’ultima considerazione: sapendo che, in questa particolare congiuntura del mercato nautico, il segmento in cui si inserisce il nuovo Ranieri Cayman 19 Sport è tra quelli più in sofferenza, a mio avviso è ancora più ammirevole la scelta di Ranieri International di saper comunque guardare avanti e offrire prodotti evoluti indipendentemente che siano tanti o pochi gli acquirenti, oltre al fatto di farsi trovare pronta quando la domanda tornerà sostenuta.
Lunghezza f.t. | 5,95 m |
Larghezza | 2,55 m |
Diametro tubolari | 0,60 m |
Compartimenti | 5 |
Dislocamento | 550 kg |
Serbatoio carburante | 105 l |
Serbatoio acqua | 45 l |
Portata persone | 12 |
Motorizzazione massima | 40/140 cv |
Omologazione Ce | Cat. B |
Regime motori (giri/min) | Velocità (Nodi) | Consumi (litri/ora) |
800 | 2,1 | 0,6 |
1.000 | 2,7 | 0,9 |
1.500 | 4,0 | 1,4 |
2.000 | 4,9 | 2,6 |
2.500 | 5,4 | 3,7 |
3.000 | 5,7 | 5,1 |
3.500 | 7,6 | 6,8 |
4.000 | 10 | 7,7 |
4.500 | 16 | 11 |
5.000 | 19 | 14 |
5.500 | 21 | 16 |
6.000 | 22 | 20 |
6.100 | 23 | 21 |
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Nembro e Albino, nella bergamasca Val Seriana a pochi chilometri dal capoluogo, sono balzati agli onori della cronaca per la tragedia del Covid che qui ha colpito molto duramente, ma in realtà meritano attenzione per molto altro.
Per esempio, proprio a pochi passi dalla sede della nuova Solemar, sorge la Persico dove, oltre a tanti particolari in carbonio per le barche di molti team di F1, si è prodotto anche lo scafo di Luna Rossa.
Tutto questo per ricordare che quella bergamasca è un'imprenditorialità tanto solida e attenta alle innovazioni quanto lontana dai riflettori.
Non fanno eccezione i tre appassionati investitori che hanno fortemente voluto rilanciare Solemar: tutti sono impegnati in diversi ambiti, dall’immobiliare all’edile alle energie rinnovabili, ma hanno voluto dare sfogo alla loro passione, e anche al loro business, rilevando un cantiere che ha avuto un ruolo di spicco nello scrivere, tra i rib, la storia della nautica italiana.
Per farlo hanno scelto a capo della nuova impresa un giovane (32 anni) ingegnere navale spezzino, figlio d’arte, con un padre da sempre impiegato nel cantiere Benetti, dove lo stesso Francesco Ribolini ha mosso i primi passi dopo la laurea e un master in progettazione navale.
A quell’esperienza è seguita la Tecnomar, dove si è occupato soprattutto di costruzioni di alluminio, mentre per approfondire le sue competenze nella lavorazione della vetroresina sono stati fondamentali i successivi cinque anni presso il cantiere Sessa. Il tutto prima di assumere, ormai da oltre un anno, l’impegnativo ruolo di direttore tecnico dalla nuova Solemar.
Troviamo Francesco Ribolini nei raffinati uffici Solemar di Nembro e lasciamo che sia lui a raccontare gli anni più recenti della rinata azienda: “La nuova Solemar ha ripreso la sua storia a fine del 2023, dopo che con una lunga trattativa durata quasi due anni la nuova compagine societaria ne ha raggiunto il controllo. Da quel momento è iniziata la ristrutturazione, puntando su ciò che di consolidato - ed era molto - ci arrivava dalla precedente gestione tecnica. Al contempo eravamo consci che dovevamo dare un segnale di stacco dal passato e subito la nostra attenzione si è concentrata sui tre modelli della gamma SX, fondamentalmente degli open, dove siamo intervenuti con una rivisitazione del design della coperta, con una particolare attenzione alle finiture e agli accessori, così da dare subito l’immagine del cambio di passo. L’obiettivo è collocarci nella fascia alta del mercato, fin da questi modelli di un segmento che potremmo definire medio”.
Brevemente, i tre modelli della gamma SX partono dal SX27 di 8,50 metri, il classico open che però a un’attenta osservazione delinea già quelle che sono le caratteristiche salienti della nuova produzione: qualità dei materiali, attenta lavorazione, un design moderno e funzionale, accessori di pregio.
La gamma SX sale poi con l’SX30 di 9,23 metri e si completa con l’SX34 di quasi 11 metri. Tutti sono rigorosamente fuoribordo, perché il cantiere ha avviato una collaborazione con Mercury, anche se poi rimane libera per gli armatori la decisione finale sulla motorizzazione da adottare.
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“Con questi tre gommoni open della serie SX abbiamo partecipato nel 2022 ad alcuni saloni italiani, in primis Genova, con ottimi riscontri - prosegue Francesco Ribolini -, ritrovando tanti appassionati di questo brand che hanno salutato con entusiasmo il suo ritorno sul mercato. La stessa cosa è scuccessa lo scorso anno, che però è stato caratterizzato anche dal debutto della gamma di cabinati, da sempre un tratto distintivo di Solemar, che è stata antesignana nel proporre questa tipologia di gommoni, agli albori per il campeggio nautico e poi con soluzioni più raffinate per le crociere. La serie SE, dove la E sta per elegance, è di fatto la nuova gamma del cantiere e l’emblema del suo nuovo corso: il primo modello è stato l’SE33, presentato ai saloni di Venezia e Genova, a cui seguirà quest’anno l’SE42, la nostra ammiraglia, declinata anche in versione entrobordo che prevediamo di far debuttare al prossimo Cannes Yachting Festival”.
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Naturale chiedere come è strutturata la nuova Solemar, ed ecco la risposta: “La produzione della vetroresina e l’assemblaggio dei tubolari sono sempre eseguiti presso il cantiere estero già in precedenza fornitore - spiega Francesco Ribolini -. A questo proposito è importante ricordare che nell’intervento di restyling siamo intervenuti solo sulla coperta e dotazioni di bordo, ma le carene e la struttura degli scafi restano quelli dei precedenti modelli, non era infatti il caso di andare a modificare quelli che sono sempre stati dei plus dei Solemar, come ampiamente riconosciuto da addetti ai lavori e diportisti. La finitura, cioè l’impiantistica e il montaggio di tutti gli accessori e, nel caso dei cabinati, anche degli interni di falegnameria, sono tutti curati nel cantiere che è stato allestito ad Albino, proprio in prossimità del nostro nuovo showroom”.
Capacità e solidità economica, sono queste le solide basi da cui la nuova Solemar vuole ripartire per continuare a scrivere la sua storia. Non è certo l’entusiasmo che manca, lo si percepisce non solo dalla determinazione di Francesco Ribolini, ma da tutto l’entourage che lo attornia. Basta poi dare un’occhiata anche distratta ai modelli nello showroom, per capire che tutto quanto enunciato da Ribolini ha già trovato la sua finalizzazione. Immaginare una nuova narrazione di successo della nautica italiana non ècertamente azzardato.
Non un nuovo cantiere, ma un cantiere che ritrova la sua missione a distanza di oltre mezzo secolo. Sto parlando di Bellini Yachts e la sua opera prima in tempi contemporanei, il Bellini Astor 36, una barca open di 11,30 metri.
Infatti già negli anni Sessanta Battista Bellini, il fondatore dell'attività nautica di famiglia, costruiva già delle belle barche in legno e in diversi modelli, prima che la sua prematura scomparsa ne interrompesse la produzione.
Fortunatamente la passione è rimasta nel figlio Romano, che l’ha concretizzata mettendo insieme la più completa e preziosa collezione di Riva classici (quelli in legno per intenderci), che neppure il dirimpettaio cantiere Riva possiede, e a sua volta l'ha trasmessa ai figli Battista e Martina, che hanno voluto riprendere la vocazione del nonno e quindi tornare a costruire barche.
Come se non bastasse la tradizione e l'esperienza dei Bellini, al loro fianco si sono posti altri due nomi che sono più di una garanzia: Norberto Ferretti e Brunello Acampora.
Ferretti è noto non solo per aver dato il nome e aver fatto crescere uno dei più importanti e prestigiosi cantieri italiani, che proprio sotto la sua direzione ha acquisito e fatto rinascere il mito Riva, ma è conosciuto anche come campione del mondo offshore, quando questa specialità era al suo massimo livello e, ultima caratteristica non certo trascurabile, è uomo di mare che vive le barche e sa come devono essere.
Acampora ha dalla sua il fatto di essere cresciuto alla scuola di un maestro come Sonny Levi (se non sapete chi è trovate su questo sito alcuni suoi scritti) e poi ha proseguito nel suo percorso professionale sviluppando un proprio stile votato alla bellezza ma anche alla performance, come testimoniano le sue collaborazioni con i più prestigiosi cantieri.
Una lunga premessa per far capire perché il Bellini Astor 36 non è semplicemente una nuova barca ma è una barca speciale.
La patria di tutta questa bella storia è il lago d’Iseo e il primo test stampa del nuovo Bellini Astor 36 non poteva che essere il Sebino (si chiama anche così) che, per non smentire la fama dei laghi lombardi che con il meteo non vanno sempre d’accordo, ci regala una giornata autunnale fredda e con il lago piatto come una tavola. Non certo la condizione ideale per mettere alla prova la carena del nuovo Bellini Astor 36.
Reduce da Cannes dove ha raccolto tanti consensi, il Bellini Astor 36 è in acqua da un po’ di giorni e la carena non è propriamente pulita, certamente non nelle condizioni ideali per un test. A questo aggiungiamo che a bordo siamo in nove giornalisti, c’è il pieno di acqua (150 l) ma non di carburante (10%, quindi 70 litri) quel che basta per la prova.
Non trascurabile è poi il fatto che la barca è stata finita di corsa per essere portata a Cannes e la messa a punto di eliche e assetto è probabilmente stata un po’ tralasciata.
Nonostante questo la prima sensazione è buona. La progressione garantita dai due Volvo Penta V8 a benzina di 350 cv l’uno è buona ma non bruciante, in compenso al timone la percezione di grande controllo è assoluta.
Tocchiamo i 38 nodi di velocità di punta a 5.600 giri, ma con carena pulita Battista Bellini ci dice che nei primi test si erano raggiunti i 42 nodi, una giusta prestazione per una barca come il Bellini Astor 36, che non vuole certo fare delle doti velocistiche il suo punto di forza.
In compenso le virate strette possono essere affrontate anche a 32 nodi, con una piacevole sensazione di sicurezza e una sbandata molto contenuta per il piacere degli ospiti meno sportivi.
La sensibilità ai trim è minima e, se si esagera, addirittura le prestazioni velocistiche ne risentono, insomma l’impressione è che le eliche non siamo ottimali per questa barca, ma è un problema di sicuro risolvibile, perché è solo questione di messa a punto.
Altre annotazioni: la planata minima è tenuta a 14 nodi e 3200 giri, mentre l’accelerazione fa fermare i cronometri a 7 secondi per essere in planata e 37 secondi per raggiungere la velocità di punta.
Purtroppo l’indicatore dei consumi non è collegato e quindi stabilire una velocità economica di crociera diventa complesso, ma non è difficile immaginare che si collochi attorno ai 4 mila giri a circa 22/23 nodi.
A proposito di consumi e quindi di motorizzazioni, l’alternativa offerta per il Bellini Astor 36 ai V8 a benzina da 350 cv è costituita da un’altra coppia di Volvo Penta D4 turbodiesel, sempre con piedi poppieri, per una potenza di 300 cv.
Una versione fuoribordo per ora non è prevista, ma sarà valutata più avanti anche a fronte delle eventuali richieste soprattutto dal mercato americano.
La qualità delle finiture è la prima cosa che si apprezza salendo a bordo del Bellini Astor 36. Si intuisce la passione di chi restaura splendidi Aquarama e, del resto, l’allestimento della barca è realizzato nell’atelier proprio di fianco al capannone che ospita il restauro dei Riva classici e il loro Museo. Per la cronaca, la stampata di vetroresina è invece realizzata a Fano.
Clicca qui per scoprire di più sul museo dei Riva classici di Bellini Nautica
Il layout del Bellini Astor 36 non si discosta molto dalle tendenze di questo tipo di barca, con il grande solarium centrale a poppa a nascondere una sala macchine di grande pulizia e con lo spazio per accogliere varie dotazioni.
La testiera del prendisole è basculante così da diventare anche lo schienale della seduta della dinette che presenta un tavolo fisso in altezza, ma estensibile in larghezza, così da accogliere un buon numero di ospiti.
La caratteristica saliente di questa area sono però le due sponde abbattibili, che portano la larghezza utile finale a circa sei metri, un’autentica spiaggia. Alzate in navigazione sono in compenso molto protettive e il largo passavanti permette di arrivare a prua in tutta sicurezza, anche in condizioni di navigazione ben più difficili di quelle che abbiamo incontrate nella nostra prova.
In effetti, già di base il Bellini Astor 36 si presenta più largo rispetto alla media delle barche di questa categoria, con un baglio massimo di 3,90 metri.
Proseguendo verso prua, protetti dall’hardtop (che però è optional, uno dei pochi, perché quasi tutto su questa barca è di serie), c’è l’angolo cottura che per essere operativo richiede l’abbattimento di due delle tre sedute di fronte alla plancia, l’unica fissa è quella del driver come è giusto che sia.
Siamo quindi alla plancia che, come ormai consuetudine, si presenta con un display a tutta larghezza piacevole nel design e ricco di informazioni.
Voglio spendere una nota di merito per l’hardtop dal design profilato e per niente invasivo rispetto alla linea del Bellini Astor 36 che, di suo, presenta un’opera morta piuttosto importante e massiccia soprattutto verso prua.
Ben strutturata è anche la zona prodiera, dove il walkaround del Bellini Astor 36 si completa con un altro prendisole di dimensioni ridotte per permettere il comodo passaggio, ma anche accogliere un comodo divanetto frontemarcia che apre a una seconda area conviviale.
Come a poppa, anche questa zona è previsto possa essere protetta dal sole con dei tendalini sostenuti da appositi pali in carbonio, quindi facili e veloci da installare e anche da smontare, senza che restino antiestetiche strutture a vista.
Altrettanto accogliente è anche il ponte sottocoperta, sviluppato con il classico letto matrimoniale centrale a prua e una seconda cuccetta doppia ricavata sotto il pozzetto.
Bello e abbastanza spazioso è il bagno con box doccia separato, che su queste misure non è così scontato. Si potrà obiettare che manca una dinette coperta, magari ottenuta da una trasformazione del letto matrimoniale, ma al momento (stranamente) non è prevista.
Tutto sommato, comunque, sono gli interni che mi aspettavo, considerando l’eccellente finitura e il design curato di tutto il Bellini Astor 36. Da nativo del Lago d’Iseo lo posso affermare con orgoglio: il “mio” lago ha di nuovo una grande cantiere!
Lunghezza f.t. | 11,30 m |
Larghezza | 3,90 m |
Dislocamento | 7,35 t |
Serbatoio carburante | 700 l |
Serbatoio acqua | 150 l |
Portata persone | 8 |
Motori | 2x350 cv Benzina o 2x 300 cv Diesel |
Omologazione Ce | Cat. B - C |
Regime motori (giri/min) | Velocità (Nodi) |
650 | 2 |
1.000 | 5 |
1.500 | 7 |
2.000 | 8 |
2.500 | 10 |
3.000 | 13 |
3.500 | 18 |
4.000 | 23 |
4.500 | 30 |
5.000 | 34 |
5.600 | 38 |
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A un anno di distanza rieccomi a bordo del Capelli Tempest 900 o, se preferite, T900 come viene spesso abbreviato. Di giudizi su questo rib se ne sono già scritti a profusione e per una più approfondita conoscenza rimandiamo all’articolo di presentazione al link qui sotto.
Più interessante semmai è fare un confronto tra le due motorizzazioni, Yamaha 350 V6 e Yamaha XTO 400 V8, che immaginiamo possano essere utili come elemento di valutazione prima di passare alla decisione d’acquisto del gommone, ma soprattutto della motorizzazione.
Una delle prime discriminanti è il prezzo: a partire da 44.169 euro (Iva compresa) per lo Yamaha 350 V6 e da 57.779 euro, sempre con Iva, per lo Yamaha XTO 400 V8. Io non avrei dubbi, anche alla luce del confronto tra i dati delle due prove.
Scopri qui tutti i segreti del Capelli Tempest 900
A La Spezia la giornata è fredda e piovosa. A bordo siamo in quattro ma, per uniformità del confronto, riporto i dati del “Performance Bulletin” (peraltro abbastanza allineati alle mie rilevazioni) redatto dai tecnici Yamaha qualche giorno prima con un meteo più favorevole.
Il nostro Tempest 900, ma soprattutto il suo Yamaha 350 V6, è corredato da un’elica Salt Water II 15 ½ x 18, una scelta frutto di vari confronti e quindi immagino ottimale. Come dicevo le prestazioni nella progressione dal minimo con marcia inserita fino alla velocità massima raggiunta a 5.900 giri/min a 42 nodi sono simili a quelle riportate nel documento Yamaha, che è quello trascritto nella tabella sotto con, a fianco, il confronto diretto con quelle raccolte un anno fa con l’XTO 400.
Colgo l’occasione anche per rilevare il minimo di planata del Tempest 900 con lo Yamaha 350 V6, che è tenuto a circa 2.900 giri/min a 16 nodi con un consumo di 23,4 l/h, un buon dato che fa collocare la velocità economica di crociera tra i 3.000 e i 3.500 giri, quindi tra i 16 e i 22 nodi, consumando da 25 a 31 l/h.
Non bruciante ma comunque buona l’accelerazione: 7 secondi per entrare in planata e 10 secondi per raggiungere i 30 nodi.
Per addentrarci nel confronto tra lo Yamaha 350 V6 e l’XTO 400 mi limito a notare come i dati siano incredibilmente simili con qualche risparmio sui consumi, più marcato ai bassi e medi regimi, e 3 nodi di velocità di punta in meno.
Dal punto di vista delle sensazioni al timone, fermo restando che il ricordo di un anno fa è un po’ appannato, non posso che promuovere a pieni voti la piacevole progressione che lo Yamaha 350 V6 riesce a dare al Tempest che, dal canto suo, si conferma un eccellente gommone.
Se vuoi saperne di più sul test dello scorso anno degli Yamaha XTO V8 da 400 e 450 cv leggi qui
Come detto il meteo nei test Yamaha di La Spezia è stato decisamente inclemente: freddo e pioggia battente che ci hanno però permesso di mettere alla prova quanto protettivo fosse l’hardtop e il relativo parabrezza del Capelli T900.
Test perfettamente riuscito considerando quanto asciutto fossi al rientro in porto. Anche le sedute per il pilota e il copilota e in generale la postura della zona di comando e relativa plancia sono risultati ottimali a conferma che il Tempest 900 si può collocare sicuramente tra le prime scelte in questa fascia di misure.
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Lunghezza f.t. | 9,62 m |
Larghezza | 3,25 m |
Dislocamento in prova | 2.886 kg (3.000 kg) |
Serbatoio carburante | 350 l (394 l) |
Motorizzazione | Yamaha 350 V6 1x350 cv |
Persone imbarcabili | 18 |
Regime | Velocità (nodi) | Consumi (litri/nm) |
600 | 2,8 > 2,0 | 0,9 > 1,7 |
1.000 | 4,8 > 4,6 | 1,0 > 1,4 |
1.500 | 7,0 > 6,5 | 1,2 > 1,6 |
2.000 | 9,7 > 8,4 | 1,4 > 2,1 |
2.500 | 13 > 14 | 1,4 > 1,7 |
3.000 | 17 > 19 | 1,5 > 1,7 |
3.500 | 22 > 24 | 1,5 > 1,7 |
4.000 | 28 > 29 | 1,7 > 2,0 |
4.500 | 31 > 33 | 1,8 > 2,1 |
5.000 | 35 > 37 | 2,2 > 2,4 |
5.500 | 39 > 41 | 2,7 > 2,7 |
5.900 | 42 > 45 | 2,7 > 2,8 |
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Siamo a Soverato, sede di Ranieri International, ma anche nell’accogliente rimessaggio a mare, sede del centro test del cantiere. Oggetto dell’incontro è la prova in anteprima dei nuovi Cayman 33.0 Executive e Next 255 LX, e di loro parleremo anche con Salvatore Ranieri.
Ma l’occasione è troppo ghiotta per non stuzzicare uno degli imprenditori che negli ultimi anni si sono distinti per intuito e lungimiranza sui nuovi scenari che si prospettano, e in parte stiamo già vivendo, del mercato nautico.
“Il mercato sta vivendo un giusto momento di ridimensionamento per tornare a livelli che erano i suoi - entra subito nel merito Salvatore Ranieri -. Dopo l’euforia del periodo post-Covid era immaginabile un ridimensionamento perché avevamo di fronte un mercato drogato dalla voglia di libertà che ci aveva travolto dopo quei mesi di chiusura totale. La gente aveva voglia di ritornare a divertirsi, di ‘rinascere’ e investire quei soldi che aveva risparmiato nei giorni del lockdown, ma anche in precedenza. E cosa c’era meglio di una barca per rispondere a questo voglia di ‘godersi la vita’?”
“Oggi questo entusiasmo consumistico non mostra rallentamenti nella fascia alta del mercato nautico - prosegue Salvatore Ranieri -, ma altrettanto non si può dire della fascia medio-bassa. Le motivazioni sono tante: dal generalizzato aumento del costo della vita, che però è un dato complessivo che colpisce ‘anche’ la nautica, alle scarse opportunità di utilizzo della barca che ‘smonta’ gli entusiasmi di alcuni neofiti. La barca non è un camper che basta girare la chiave e guidarlo come l’auto, richiede alcune competenze e poi non è sempre sotto casa, problema soprattutto per chi vive nell’entroterra e nelle grandi metropoli, in genere proprio quelli che hanno maggiori disponibilità economiche. Ciò non toglie che, per mia esperienza personale che sto verificando anche in questi giorni nel pieno della stagione estiva, chi la barca ce l’ha non vuole venderla, semmai sono i nuovi che hanno qualche incertezza in più, complice anche l’aumento delle tariffe degli ormeggi e in generale dei costi di gestione”.
Una soluzione in grande espansione per rispondere alla voglia di barca è il noleggio che può rappresentare un primo passo verso un futuro acquisto. “Commercialmente il noleggio riveste per noi cantieri un ruolo importante per due motivi - conferma Salvatore Ranieri -, da un lato assorbe una parte della nostra produzione, dall’altro avvicina alla nautica nuovi appassionati che poi possono anche decidere di passare dall’affitto all’acquisto. In pratica l’uno non esclude l’altro, ma anzi può essere un incentivo a far crescere la voglia di barca”.
“Noleggiarla è comodo perché ti solleva da una serie di costi di gestione - ricorda Salvatore Ranieri -, il piacere del possesso è però impagabile perché ti permette di organizzare a bordo tutte le tue comodità, sapere che la barca è sempre pronta senza prenotazioni o, nei periodi di punta, ricerche affannose: basta andare in porto e girare la chiave. Poi spesso il possesso della barca dei propri sogni segna il raggiungimento di un obiettivo di vita, è motivo di orgoglio e un segnale di status: è mia perché me la sono sudata”.
E cosa c’è di meglio per rispondere a questa ‘voglia di barca’ che due nuovi modelli equamente divisi tra gommone e daycruiser tradizionale? “Il Cayman 33.0 Executive - spiega Salvatore Ranieri - è un modello che va a coprire una fascia di mercato molto importante dove non avevamo un modello specifico. In pratica si inserisce tra il 35’, che per le dimensioni ha un costo maggiore, impegnativo per molti, e il 28’ che, al contrario, spesso è troppo piccolo per molte esigenze. Il nostro 33’ è direttamente derivato dall’esperienza dell’ammiraglia Cayman 45.0 Executive, un modello di grande successo, da cui ha ereditato le performanti linee di carena a doppio redan. Ma il meglio sta in coperta dove siamo riusciti ad avere un unico piano di calpestio da poppa a prua con un solo piccolissimo gradino all’altezza della plancia e doppio passaggio su entrambi i lati. Grande l’abitabilità con un prendisole prodiero dove, senza ridurne le dimensioni, abbiamo aggiunto una chaise longue fronte marcia, mentre in pozzetto la dinette è accogliente e ampiamente accessoriabile. Siamo molto orgogliosi poi del ‘fly top’, quindi non un semplice hardtop ma molto di più, per robustezza, design e capacità coprente perché, sull’esperienza del mercato americano, la nuova tendenza è la domanda di ampie zone ombreggiate. Grande attenzione anche all’elettronica con una plancia semplice e razionale, grazie anche ai display Simrad NSX Ultrawide e alla K-Card che permette di ‘accendere’ la barca come si accede alla stanza d’albergo, un’esclusiva di Ranieri International, importante anche per la sicurezza contro i furti. Una citazione anche per gli interni con un bagno ad altezza d’uomo e due cabine per quattro ospiti”.
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“Stesso discorso anche per Next 255 LX, una misura che si inserisce tra il 275 LX presentato lo scorso anno da cui riprende lo stile e il conosciuto 240, rispetto al quale fa pesare la maggiore abitabilità legata alle dimensioni ma anche alle soluzioni che abbiamo sviluppato a bordo - racconta Salvatore Ranieri -. Quindi tutta la coperta su un unico livello, un’accogliente cabina con due posti letto comodi e toilette separata. La carena è la nostra terza generazione monoredan, il prendisole ha sempre il divanetto fronte marcia e il pozzetto può essere allestito con sedute di fronte alla plancia oppure con due poltroncine girevoli a creare una grande dinette sfruttando anche le sedute ribaltabili laterali”.
“Tornando agli eccessi post-Covid - risponde sicuro Salvatore Ranieri -, uno degli effetti negativi è stata anche la confusione sulle proposte commerciali, tutti volevano la barca e l’attenzione sulla qualità dei prodotti offerti passava qualche volta in secondo piano. Se quindi un aspetto positivo va individuato nel periodo che stiamo vivendo è un po’ di chiarezza e oculatezza nelle scelte che porterà sicuramente ad apprezzare maggiormente la qualità dei prodotti, che poi vuol dire affidabilità, comfort di navigazione, sicurezza e, non certo ultimo in ordine di importanza, tenuta dell’investimento: un Ranieri International sarà sempre una barca quotata e ricercata sul mercato dell’usato”.
“Per mantenere la nostra posizione di primato - conclude Salvatore Ranieri -, faremo quello che abbiamo sempre fatto: innovare. Innovazione in termini tecnologici e di design, che poi significa migliorare l’abitabilità e il comfort di bordo. Seguiremo un po’ le mode, come la prua dritta, ma anche lo sviluppo dell’elettronica con soluzioni come la nuova K-Card che sarà estesa a tutta la gamma. I Ranieri International Cayman 33.0 Executive e Next 255 LX saranno i nostri ‘cavalli di battaglia’ nei prossimi saloni autunnali, da Cannes a Genova. Siamo fiduciosi e desiderosi di incontrare i nostri clienti e nuovi interlocutori, con la certezza di proporre loro due modelli dal grande futuro”.
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I due Suzuki DF350AMD sono i top di gamma dell'offerta di fuoribordo della casa di Hamamatsu; il gommone di 11,70 metri è invece il modello di vertice della gamma Executive di Ranieri International e dietro solo al Cayman 45.0 Cruiser, che è l'ammiraglia dell'intera gamma di gommoni del cantiere calabrese.
Tutti prodotti di ultima generazione che, messi insieme nel nostro test, hanno dato un risultato esplosivo: 44 nodi a 6.320 giri/min, che è il regime massimo dei nuovi fuoribordo di 350 cv di Suzuki.
Il Suzuki DF350AMD si sviluppa su un blocco di sei cilindri disposti a V con un angolo di 55° per una cilindrata di 4.390 cc (lo stesso su cui si basa anche il nuovo DF300BMD da 300 cv). Il peso è praticamente un chilo per cavallo vapore: 352 kg.
Le innovazioni tecnologiche sono state ben anticipate nell’articolo che Luca Frigerio ha scritto subito dopo il loro lancio al Salone di Genova e che potete leggere cliccando il link più in basso.
Intanto posso anticipare che sono molte e tutte parecchio importanti, sia sul fronte del contenimento dei consumi sia delle prestazioni, ma anche nellla sfera degli accessori, come il nuovo joystick ulteriormente perfezionato e che ho provato insieme ai due fiammanti motori.
Leggi di più sulle caratteristiche tecnologiche del Suzuki DF350AMD
Per la mia prova dei due nuovi fuoribordo giapponesi non potevo sperare di meglio del Ranieri International Cayman 38.0 Executive, che avevo già avuto modo di provare con le stesse motorizzazioni Suzuki, ma della passata generazione, e poi anche con una tripla Honda per un totale di 750 cv.
Difficile però fare un confronto con le due prove precedenti perché, come spesso succede negli eventi stampa, a bordo in questa occasione siamo in ben 11 persone, abbondantemente sotto le 24 che il Cayman 38.0 Executive si può permettere, ma comunque molte di più di un assetto ottimale da test.
Se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno possiamo dire che si tratta di una situazione più vicina all’utilizzo normale di un gommone di 12 metri e, per completare la descrizione delle condizioni della prova, aggiungo che le doppie eliche controrotanti sono di 24” e a bordo ci sono anche 180 litri di benzina, mentre i serbatoi dell’acqua sono vuoti.
Considerando il peso totale dei motori, 700 kg circa, più i 3.500 kg di dislocamento a vuoto del gommone, più la benzina e una media di 75 kg di peso a persona, la massa totale da muovere è di circa 5.200 kg, su un lago che risulta abbastanza agitato per i temporali del giorno precedente e pure con un discreto numero di detriti galleggianti per le forti piogge che hanno ingrossato il Ticino.
Dopo tutte queste premesse è il momento di partire con il test dei due Suzuki DF350AMD, che sembrano non vedere l’ora di sprigionare i loro cavalli perché, nonostante il peso a bordo, in 7 secondi siamo in planata e in 16 raggiungiamo i 30 nodi, per poi continuare la progressione che si arresta a 44 nodi con un consumo di complessivo di 223 litri/ora.
La planata minima è tenuta a 2.900 giri a 14 nodi consumando 56 litri e, per individuare la velocità economica di crociera, non si sbaglia se ci si colloca attorno ai 20 nodi (quindi circa a 3.500 giri) consumando un’ottantina di litri complessivi all’ora.
Con poco più di 10 litri/ora si entra nel range della crociera veloce, che si può individuare a partire dai 4.000 giri, per 25 nodi e 97 litri/ora, fino ai 5.000 giri a 36 nodi e 147 litri/ora.
Fin qui i freddi numeri, da sottolineare però la piacevole sensazione di controllo e progressione che la manetta elettronica garantisce, complice ovviamente la generosa coppia dei due Suzuki DF350AMD.
Apprezzamento anche per la nuova timoneria, che non solo si esprime molto bene in navigazione, ma promette anche di semplificare il lavoro degli allestitori, che avranno minori difficoltà nel settarla.
A completamento della dotazione in plancia, c'è pure il monitor sviluppato con Furuno, che riesce a garantire in maniera abbastanza intuitiva un gran numero di informazioni, come il funzionamento dei motori e il preciso “fish hunter”, il tutto grazie al sistema Syncro-Eye che mette in comunicazione i fuoribordo con la strumentazione e le funzionalità di bordo, dalla timoneria alle manette fino al joystick.
E proprio al joystick è dedicato il mio ultimo spezzone di test, per apprezzare come il controllo sia sensibilmente migliorato anche in quei movimenti, per esempio gli spostamenti laterali, che possono essere i meno semplici da gestire.
Quindi con i nuovi Suzuki DF350AMD anche le manovre più complesse non sono un problema, soprattutto per i neofiti, perché come è ormai noto, sono proprio quelle a metterli più in difficoltà.
Scopri di più anche sul Cayman 38.0 Executive sul sito ufficiale di Ranieri International
Tipo motore | 4T DOHC, V6 55°, 4 valvole per cilindro |
Cilindrata | 4.390 cc |
Versione gambo | X: 635 mm |
Alesaggio x Corsa | 98 x 97 |
Regime utilizzo ottimale | 5.700 - 6.300 giri/min |
Sistema di alimentazione | Elettronica multipoint sequenziale |
Alternatore | 12V - 54A |
Avviamento | Elettrico |
Carburante | Benzina |
Capacità coppa olio | 8,0 litri |
Elica standard | in acciaio |
Possibilità passo elica | 12" - 31,5" |
Rapporto al piede | 2,29:1 |
Dispositivo di assetto | Power Trim & Tilt |
Peso | 352 kg |
Lunghezza f.t. | 11,70 m |
Larghezza | 3,80 m |
Diametro tubolari | 0,65 m |
Compartimenti tubolari | 8 |
Dislocamento a vuoto | 3.500 kg |
Serbatoio carburante | 750 l |
Serbatoio acqua | 150 l |
Motori | Min. 600 cv - Max 1.200 cv (su 2 o 3 FB) |
Gambo motore | 2XXL - 3XXL |
Persone imbarcabili | 24 |
Posti letto | 4 |
Omologazione CE | Cat. B |
Regime motori (giri/min) | Velocità (Nodi) | Consumi (litri/ora) |
600 | 2,5 | 3,6 |
1.000 | 4,8 | 8,8 |
1.500 | 7,3 | 16 |
2.000 | 9,0 | 24 |
2.500 | 9,6 | 42 |
3.000 | 11 | 66 |
3.500 | 20 | 84 |
4.000 | 25 | 97 |
4.500 | 30 | 115 |
5.000 | 36 | 147 |
5.500 | 41 | 185 |
6.000 | 43 | 211 |
6.320 | 44 | 223 |
da 38.400 euro, al listino 2024 franco cantiere, Iva compresa
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Se agli italiani si può senz'altro attribuire il primato in quanto a design, creatività e qualità delle imbarcazioni, agli americani si può sicuramente riconoscere il merito di aver esportato nel mondo, soprattutto in Europa, la vocazione ad adottare potenti fuoribordo per motorizzare imbarcazioni che altrimenti sarebbero state proposte solo come entrobordo o, al massimo, entrofuoribordo.
È il caso dell’Invictus TT420S, che dopo essere stato presentato in versione entrobordo, è stato rivisto per montare una line-up di tre fuoribordo Yamaha XTO 450 V8 proprio per insediarsi nel ricco mercato statunitense.
Ora, con altrettanta accortezza per i diportisti europei, la stessa barca di 12 metri viene presentata con tre Yamaha 350 V6: meno potenza, ma continuando a leggere questa prova potrete capire perché mossa non poteva essere più azzeccata.
Azzeccata anzitutto alla luce del prezzo d'acquisto: il nuovo Yamaha 350 V6 ha infatti un prezzo di listino che parte da 44.169 euro (Iva compresa), mentre lo Yamaha XTO 450 V8 parte da 61.949 euro, sempre Iva compresa.
Leggi qui tutte le innovazioni dei nuovi Yamaha 350 V6
Ora è il momento di lasciare i pontili di Porto Mirabello a La Spezia, dove il meteo non è clemente: fa freddo (6 °C), piove e oltretutto a bordo, come spesso succede durante le giornate di test dedicate alla stampa, siamo ben in nove persone.
A completamento delle condizioni della prova, aggiungo che il serbatoio carburante era pieno al 70%, quindi circa 760 litri, e al piede c'erano eliche Salt Water 15 1/4 x 19.
Prima ancora di uscire dalla marina verifico subito l’efficacia dell’upgrade del sistema Helm Master EX, che sull’Invictus TT420 è integrato con l’elica di prua.
Il joystick è diventato un accessorio ormai indispensabile e di anno in anno la sua efficienza progredisce, ne ho la riprova anche con la tripla Yamaha 350 V6 che, a dispetto dei loro oltre mille cavalli di potenza, diventa di una docilità assoluta e la sensibilità del joystick consente di effettuare tutte le manovre in totale controllo.
Leggi qui la nostra presentazione dell’Helm Master di Yamaha
Finalmente fuori dalla zona a velocità limitata del golfo spezzino possiamo dare fondo alle manette. La progressione dei tre Yamaha 350 V6 è in sintonia con le attese e in poco più di 6 secondi sono in planata, mentre in una quarantina di secondi arrivo a 42 nodi, che è anche la velocità massima che riesco a spuntare.
Verifico il minimo di planata che è tenuto agevolmente a 3.000 giri/min a 12 nodi, consumando 7,5 l/nm totali per i tre motori.
Una bella prestazione, ma a mio parere è ancora più interessante che a 30 nodi, poco sotto i 4.500 giri/min, i consumi (sempre totali) passano a circa 5 l/nm, cosa che fa ipotizzare un’autonomia di circa 200 miglia, non male.
Confrontando le prestazioni velocistiche del mio test (ricordo con nove persone a bordo, quindi in condizioni più simili alla normale navigazione) con quelli di Yamaha presi in condizioni più ottimali (meteo più favorevole, tre persone a bordo e circa cento litri in meno nel serbatoio carburante) noto che la differenza non è eccessiva: solo due nodi in meno per noi
Magari l’accelerazione non è bruciante, ma i dati della mia prova mi paiono comunque eccellenti. Semmai la considerazione è un’altra: se gli americani preferiscono la tripla da 450 cv lasciamoli fare, ma per quanto riguarda noi, la nostra prova promuove a pieni voti la tripla motorizzazione Yamaha 350 V6, che si mostra più bilanciata e in piena sintonia con lo spirito di questo Invictus TT420S.
La descrizione delle tante soluzioni che fanno apprezzare l’Invictus TT420S (la S indica la versione fuoribordo) le abbiamo dettagliatamente anticipate nell’articolo di presentazione proprio di questa versione, di cui vi rimandiamo al link qui sotto, ma la spiccata personalità di questa barca open di 12 metri creata da Christian Grande merita qualche approfondimento che solo la prova in mare può far verificare.
Leggi qui la nostra presentazione dell’Invictus TT420 con i tre Yamaha 350 V6
Come detto le condizioni meteo erano tutt’altro che ottimali, ma è proprio per questo che l’Invictus TT420 segna un ulteriore punto a suo favore.
Pur con la pioggia battente la navigazione è assolutamente asciutta e anche la protezione dal vento è ottima, merito dell’hardtop che non è solo bello a vedersi, ma anche decisamente protettivo.
E se poi c’è il dubbio che nelle calde giornate lo sia troppo, c'è l'apertura del tettuccio, che ha proprio lo scopo di convogliare aria fresca sul driver e i passeggeri al suo fianco.
Al timone si apprezza la razionalità della plancia con tutto quello che serve in rapida portata di mano e di sguardo e anche qui non si può non apprezzare la qualità delle finiture e il raffinato design, mentre le alte murate e il passavanti continuo che permette di passare dal solarium poppiero a quello prodiero in tutta sicurezza saranno apprezzati dai meno “marini”.
L’adozione dei tre fuoribordo ha poi reso disponibile un doppio enorme gavone dove prima c’era la sala macchine degli entrobordo, un altro vantaggio di questa versione “by Yamaha” per chi pensa a un generatore e, perché no, a un giroscopio e un desalinizzatore.
Due parole anche per gli interni che sul modello in prova sono allestiti in versione open space, certamente quella che più si addice allo spirito dell’Invictus TT420 con i tre Yamaha 350 V6: anche qui ovviamente design di gran classe e comunque in quattro ci si dorme comodamente.
Lunghezza f.t. | 12,34 m |
Larghezza | 4,15 m |
Dislocamento a vuoto | 10.662 kg |
Dislocamento in prova | 12.208 kg |
Persone imbarcabili | 14 |
Serbatoio carburante | 1.100 l |
Motorizzazione | 3x350 cv fuoribordo Yamaha V6 |
Motore | 4 tempi, DOHC |
Cilindrata | 4.256 cc |
N. Cilindri / Configurazione | 60° V6 |
Alesaggio x Corsa | 96.0 x 98.0 mm |
Potenza | 257,5 kW / 350 cv a 6.000 giri/min. |
Range operativo a piena potenza | 5.000 - 6.000 giri/min. |
Lubrificazione | Carter umido |
Sistema iniezione carburante | EFI |
Sistema di accensione | TCI |
Avviamento | Elettrico |
Rapporto di trasmissione | 1.75 (21/12) |
Carburatori | Iniezione |
Regime (giri/min) | Velocità (nodi) | Consumo (l/miglio nautico) |
700 | 3,2 | 2,3 |
1000 | 5,0 | 2,8 |
1500 | 7,5 | 3,2 |
2000 | 9,1 | 4,2 |
2500 | 10,3 | 6,2 |
3000 | 12,0 | 7,5 |
3500 | 18,6 | 5,8 |
4000 | 25,0 | 5,7 |
4500 | 31,7 | 5,2 |
5000 | 35,7 | 6,1 |
5500 | 39,9 | 7,4 |
6100 | 42 | 7,7 |
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Si sa che agli “smanettoni” l’idea di avere a poppa una coppia di V8 per quasi mille cavalli di potenza fa subito brillare gli occhi. Ma poi, all’atto pratico, quante ore di navigazione si passano a piena velocità? E se proprio si vuole fare una “sparata” è così differente farla a 46 o ai 42 nodi che garantiscono anche la coppia di Yamaha 350 V6, tra l’altro risparmiando quasi un litro di benzina ogni miglio nautico?
Tutte considerazioni che immaginiamo un futuro armatore farà prima di scegliere come allestire la sua barca e questa prova vuole aiutarlo a chiarirsi un po’ di più le idee.
A fare da “cavia” è una tra le barche più interessanti in questo range di misure: lo Jeanneau Cap Camarat 10.50 CC che adesso troviamo allestito con una coppia di Yamaha 350 V6 dopo averlo provato in ben due occasioni con una coppia di Yamaha XTO 450 V8.
Leggi qui la nostra prova del Cap Camarat 10.50 CC con i due Yamaha XTO 450
Rimando tutte le considerazioni sullo Jeanneau Cap Camarat 10.50 all'articolo del link qui sopra e mi concentro piuttosto sul confronto tra la prova dello scorso anno con i due Yamaha XTO 450 V8 e quella con i nuovi Yamaha 350 V6.
A far fede sui dati sono le rilevazioni che sono state realizzate dai tecnici Yamaha e sono in linea di massima allineate alle nostre, considerando che durante i test stampa non sempre le condizioni sono ideali, sia in termini di meteo (come è successo a La Spezia per la presentazione dello Yamaha 350 V6 sotto una pioggia battente) sia per il numero di persone imbarcate.
Leggi di più sulle caratteristiche tecniche dei nuovi Yamaha 350 V6
I due Yamaha 350 V6 che equipaggiavano il Cap Camarat 10.50 CC erano dotati di eliche Sal Water II 15 ½ x 17 che, come possiamo dedurre dai dati, garantiscono una buona prestazione in tutto il range di giri con una sorprendente migliore accelerazione rispetto al Cap Camarat con i due XTO 450: 12 secondi per raggiungere i 30 nodi contro i 14,6 del più potente.
In parte questa prestazione è da accreditare ai quasi 2 mila chili in più del Cap Camarat WA (il nostro è il CC) dove anche i possenti ma più pesanti V8 contribuiscono.
Già questa è una prima considerazione da tenere presente, a cui ne aggiungiamo una seconda di sicuro impatto sulla decisione del futuro armatore: il prezzo d’acquisto.
Il nuovo Yamaha 350 V6 è infatti proposto a partire da 44.169 euro (Iva inclusa), mentre l’XTO 450 V8 parte da 61.949 euro (sempre Iva inclusa), lascio a voi fare il conto della differenza per una coppia…
Entrambi possono contare sul joystick dell’Helm Master EX con elica di prua integrata, che da quest’anno si allarga ad applicazioni singole, quadruple e quintuple, un accessorio ormai considerato indispensabile e a ragione aggiungiamo noi.
Il generale giudizio positivo sui comandi comprende anche le manette elettroniche che ormai costituiscono un tutt’uno con il motore e i sistemi di controllo della barca. C’è sicuramente da dare atto a Yamaha di averne sviluppato uno dei più efficienti e i primi a beneficiarne sono proprio i nuovi Yamaha 350 V6.
Leggi qui la nostra presentazione dello Yamaha Helm Master EX
La sensazione al timone durante la prova dello Jeanneau Cap Camarat 10.50 CC con i due Yamaha 350 V6 è suffragata dai dati riportati qui sotto che, nel confronto che quelli rilevati lo scorso anno con i due XTO da 450 cv, confermano le anticipazioni in apertura dell’articolo.
Certo una differenza di prestazioni c’è, ma non tale da giustificare la differenza di costo, e anche di gestione.
Se andare per mare deve essere un piacere non sono certo 4 nodi di differenza sulla velocità massima a fare la differenza, ma piuttosto la docilità e facilità di conduzione della barca unita a un buon comfort a bordo e in questo l’accoppiata Jeanneau Cap Camarat 10.50 CC e Yamaha 350 V6 è imbattibile.
Leggi i nostri test con gli Yamaha XTO in quattro diversi allestimenti
Lunghezza f.t. | 10,90 m |
Lunghezza scafo | 9,31 m |
Larghezza | 3,25 m |
Immersione | 0,73 m |
Dislocamento a vuoto e senza motori | 4.582 kg |
Serbatoio carburante | 2x400 l |
Serbatoio acqua | 160 l |
Motori della prova | 2x350 cv Yamaha V6 (Yamaha XTO 2x450 cv) |
Potenza massima installabile | 2x450 cv |
Regime | Velocità (nodi) con 2x350 cv | Velocità (nodi) con 2x450 cv | Consumi (litri/miglio) con 2x350 cv | Consumi (litri/miglio) con 2x450 cv |
700 | 1,2 | 2,6 | 3,6 | 2,7 |
1.000 | 4,6 | 4,4 | 2,0 | 3,1 |
1.500 | 6,8 | 6,8 | 2,3 | 2,9 |
2.000 | 8,3 | 8,5 | 3,0 | 3,8 |
2.500 | 9,4 | 9,5 | 4,3 | 5,3 |
3.000 | 11 | 12 | 5,1 | 6,1 |
3.500 | 15 | 20 | 4,5 | 5,4 |
4.000 | 25 | 29 | 3,6 | 4.1 |
4.500 | 30 | 34 | 3,6 | 4,7 |
5.000 | 35 | 39 | 4,2 | 5,3 |
5.500 | 39 | 43 | 4,5 | 5,9 |
6.000 | 42 | 46 | 5,3 | 6,1 |
Dislocamento della barca in prova con due V6 da 350 cv: 6.017 kg
Dislocamento della barca in prova con due V8 XTO 450 cv: 7.950 kg
Clicca qui per entrare nel sito ufficiale di Jeanneau (sito in italiano)
Sembra quasi una storia del secolo scorso, in quegli Sessanta del boom economico e dell’esplosione del genio creativo e imprenditoriale italiano. E invece tutto è successo praticamente ai giorni nostri, una decina di anni fa.
Correva infatti l’anno 2014 quando quattro amici, Carlo Gazerro, Paolo Salutari, Dino Esposito e Fabrizio Stifani, ingegneri e manager con oltre trent’anni di esperienza, si unirono in un modesto garage, dando vita a Smartgyro senza nemmeno immaginare cosa il futuro gli avrebbe riservato.
Decidere di studiare un sistema di stabilizzazione per barche da diporto può sembrare una bella idea oggi, ma lo era un po’ meno dieci anni fa, quando i giroscopi erano ancora degli oggetti misteriosi, almeno per la stragrande maggioranza dei diportisti. Invece i quattro amici hanno creduto subito nel potenziale di crescita del mercato della stabilizzazione nautica.
“Il primo prototipo Smartgyro non era certo paragonabile a quelli attuali, ma i principi base erano quelli - racconta Carlo Gazerro -. L’obiettivo era perseguire il giusto bilanciamento tra costi e benefici, garantendo al tempo stesso una manutenzione semplice. La chiave di volta è stato abbandonare il concetto di un giroscopio raffreddato ad aria per preferire una soluzione con una sfera sigillata sottovuoto con cuscinetti raffreddati a liquido, la soluzione che costituisce ancora oggi uno tra i vantaggi competitivi di Smartgyro”.
La storia racconta dei primi test in mare a bordo di un Riviera Fisherman 42 di un amico che, dopo le opportune messe a punto, garantì una riduzione del rollio della barca del 92%. Un risultato straordinario che convinse i quattro soci a investire completamente il loro tempo in Smartgyro.
Gli anni successivi hanno portato a un'ulteriore sviluppo di hardware e software che hanno permesso di superare test rigorosi, oltre all’ingegnerizzazione del design modulare, tuttora una dei plus di Smartgyro, con l’obiettivo di semplificare i processi di installazione e manutenzione.
Tutto subisce un’accelerazione quasi incredibile e gli eventi si susseguono frenetici. Dopo solo quattro anni dall’inizio della storia, siamo nel 2018, a interessarsi a Smartgyro è un’azienda giapponese apprezzata per l’eccellenza ingegneristica e molto nota nel mondo nautico. È Yanmar, altrettanto protagonista anche in altri ambiti, dall’edilizia all’agricoltura fino ai sistemi energetici.
Così, alla fine del 2019, la partnership strategica e l’investimento di maggioranza da parte dei giapponesi, lanciano Smartgyro verso nuovi traguardi, accelerando lo sviluppo della gamma per la nautica da diporto e commerciale.
“È facilmente intuibile come un colosso come Yanmar ci abbia permesso di crescere come network globale sia in termini di offerta prodotto sia di capacità produttiva - racconta Carlo Gazerro -. Per esempio, la scelta degli inizi di privilegiare il refitting ai rapporti diretti con i cantieri per installazioni sui nuovi yacht, nasceva anche dal fatto di non poter contare su grandi numeri di produzione. Oggi invece la nuova unità produttiva, sempre a La Spezia e con tutta la costruzione rigorosamente ‘made in Italy’, ci permette un nuovo approccio commerciale molto più aggressivo, forti dei nostri plus tecnologici, ma anche sorretti da maggiori numeri di produzione”.
Non sorprende che terminato l’iter di integrazione con Yanmar, sotto la guida di Marcel Borsboom, Direttore onboard Systems Group in YMI (Yanmar Marine International), si apra per Smartgyro un nuovo scenario che deve consolidare i successi raccolti finora e porre le basi per un ulteriore salto commerciale e tecnologico.
A guidare questo nuovo corso è stato chiamato Carlo Galli Tognota, neo Amministratore delegato di Smartgyro che, con oltre vent’anni di esperienza tra Cantieri di Baia, Sealine Italia e Twin Disc, si appresta a coordinare quello che deve diventare l’ennesima accelerazione nella storia di Smartgyro.
“C’è molto da fare e, nonostante siamo presenti praticamente in tutto il mondo, il consolidamento e ampliamento della nostra rete commerciale e assistenziale resta uno degli obiettivi primari del mio operato - spiega il neo CEO -. Oggi presidiamo in forze in Europa e Nord America, che sono i nostri due mercati di riferimento, ma anche in Apac (Asia e Australia) possiamo vantare importanti presidi. La nostra fortuna da italiani è che il nostro Paese ospita buona parte dei cantieri protagonisti a livello mondiale ed è proprio rivolta a loro la nostra principale attenzione in questa fase”.
“Come già detto, la scelta progettuale di avere il volano sottovuoto ci ha consentito di avere una maggiore efficienza a parità di peso - spiega Carlo Gazerro -. Inoltre il nostro design meccanico modulare, consentendoci di disassemblare gran parte dei componenti per reinstallarli direttamente a bordo, si è dimostrato vincente nel montaggio su barche più datate che spesso hanno vani di accesso molto angusti. Lo stesso dicasi per la possibilità di eseguire la manutenzione straordinaria all’interno della sfera interamente a bordo, garantendo tempo di fermo e costi ridotti, entrambe caratteristiche molto apprezzate, soprattutto se si deve intervenire nel bel mezzo di una vacanza”.
Ribadito il concetto che, anche per una precisa volontà di Yanmar, Smartgyro resta italianissima, con il quartier generale sia produttivo sia di R&D (ricerca e sviluppo) saldamente a La Spezia, è il momento di presentare la gamma di giroscopi che, proprio grazie alla partnership con la casa giapponese, è cresciuta fino a coprire un ampio range di misure da 45 a 100 piedi (circa da 13 a 30 metri), in pratica tutti gli yacht che possono ragionevolmente avere la necessità di un sistema di stabilizzazione, sotto quelle misure sarebbe ridondante, sopra esistono altre tecnologie.
In maniera molto schematica il modello più piccolo, l’SG20 è indicato per imbarcazioni da 45 a 55 piedi, l’SG40 da 50 a 60 piedi, SG60 da 55 a 65 piedi, SG80 da 50 a 70 piedi. Completano la gamma i recentissimi SG120 da 70 a 85 piedi e l’SG150 da 80 a 95 piedi. Le misure variano dai 0,76x0,77x0,65 metri del SG20 ai 1,36x1,41x1,02 metri del SG150 e di conseguenza i pesi da 495 a 1.890 kg.
Vuoi saperne di più sui giroscopi Smartgyro? Visita il sito ufficiale dell'azienda
Il Ranieri Cayman 45.0 Cruiser è un gommone di 14 metri da 56 nodi di velocità massima e, a fronte di tanta grinta, mette in campo anche una piena ospitalità a bordo che lo rende interessante anche nel mondo dei cruiser.
La novità 2023 del cantiere Ranieri International è davvero degna della più attenta considerazione, pur dovendosi confrontare con una serie di competitor di altissimo livello, che stanno alimentando il segmento di mercato dei maxi rib da crociera, che è in grande espansione.
Nel caso specifico, i progettisti di Ranieri International sono riusciti a concentrare nei 14 metri del Cayman 45.0 Cruiser una serie di soluzioni, costruttive e di layout, di grande rilievo.
Le prove in mare erano state fissate subito dopo il Salone di Genova, ma i tecnici del cantiere e di Mercury non erano ancora soddisfatti delle prestazioni rilevate nei loro primi test.
Hanno quindi lavorato su nuove eliche (Mercury Enertia Eco 16”x19”) e montato i motori leggermente più alti. Il risultato è tutto lì da vedere: 56 nodi a 6.400 giri!
Il Ranieri International Cayman 45.0 Cruiser non è solo bello e comodo, ma anche veloce: più racer che cruiser verrebbe da dire sul momento.
A parte la prestazione velocistica di tutto rispetto, quello che più sorprende al timone di questo nuovo gommone di 14 metri è la sua maneggevolezza: sembra un tender o, se proprio volete essere pignoli, un sei metri generosamente motorizzato.
Il raggio di virata è strettissimo, il cambio di rotta velocissimo a ogni azione del timone, ma non per questo si ha mai la sensazione di insicurezza o di scarso controllo in accostata.
Davvero una splendida sensazione, di quelle che permette ai più esperti di divertirsi ai massimi livelli, e ai neofiti di avvicinarsi alle prestazioni più elevate con ampi margini di sicurezza. Non è cosa da poco.
Ho fatto un accenno alle prestazioni e allora completiamo la disamina. Detto della velocità di punta, il minimo di planata si attesta attorno ai 2.600 giri a 16 nodi con un consumo di 65 l/h complessivi per i tre Mercury 450 Racing, che finora non avevo ancora citato ma che meritano un plauso altrettanto convinto, anche se non sono una novità.
Leggi anche il nostro articolo di approfondimento sul Mercury 450R
Giusto per metterli ulteriormente alla prova verifico l’accelerazione: 4,5 secondi per entrare in planata e 12 secondi per raggiungere i 40 nodi, direi che bastano.
Mi occupo anche di chi il Ranieri Cayman 45.0 Cruiser vuole usarlo con più continuità e allora verifico la velocità economica di crociera, che ritengo di poter fissare a 3.200 giri, 26 nodi e poco meno di 100 l/h.
Resta solo da ricordare che a bordo siamo in tre persone, nel serbatoio carburante ci sono circa 400 litri di benzina e in quello dell’acqua 80 litri.
Un’ultima annotazione, la giornata autunnale è fredda e umida e questo mi consente di apprezzare l’ottima protezione offerta dal parabrezza in un layout complessivo (ma ne scrivo dopo) più pensato per la stagione estiva.
Ma il fascino dell’Adriatico d’autunno (la prova si svolge al largo di Lignano Sabbiadoro) merita anche qualche uscita fuori stagione e il Ranieri Cayman 45.0 Cruiser si mostra pronto ad affrontare anche queste situazioni.
Bisogna dire che il mare è calmo ma, incrociando la nostra scia e quella di qualche peschereccio, ho modo di verificare che la carena Ranieri International a doppio redan è efficiente, non solo in termini velocistici, ma anche con onde più formate.
In porto, infine, apprezzo l’efficienza del joystick Mercury in fase di attracco, ma anche questa non è una novità.
Il walkaround in coperta merita di essere raccontato perché è tutta una scoperta di quanta attenzione sia dedicata a ogni particolare.
L’abbinamento cromatico del modello fotografato (quasi tutte le immagini sono state realizzate in una location, e una stagione, differente dal nostro test) è solo una delle soluzioni possibili, perché il cantiere ci tiene a sottolineare come carena, tubolari e cuscinerie siano personalizzabili sulle esigenze del cliente.
Trovo molto bello il nero della carena e l’antracite dei tubolari, un po’ meno il bianco delle sedute e il grigio del piano di calpestio, soprattutto per quest’ultimo un Seadeck “color teak” (visto che il teak vero non è contemplato tra gli optional) non mi sarebbe dispiaciuto.
A proposito di optional, sempre il modello fotografato è full optional con un notevole incremento sul suo prezzo finale, ma davvero degna di nota è la domotica di bordo totalmente interfacciata con il sistema Simrad di controllo dei motori (Mercury e Simrad fanno parte dello stesso Gruppo Brunswick Marine) e di navigazione.
Grazie a un’apposita app (la cui grafica è stata definita da Ranieri International) è possibile comandare dalla plancia le luci e l’impianto di condizionamento, conoscere i vari livelli, visionare le telecamere di prua e di poppa e i diversi allarmi.
Il tutto è visibile anche in un monitor in cabina che, soprattutto per le telecamere, permette di avere tutto sotto controllo anche sottocoperta.
Partendo da poppa, nonostante i tre motori (ma è allo studio anche una versione con due Mercury V12 da 600 cv l’uno) lo spazio garantito dalle plancette poppiere del Ranieri Cayman 45.0 Cruiser è di tutto rispetto.
Sotto il prendisole si apre un garage in grado di ospitare un tender di 1,65 metri (come nella foto) oppure altri watertoys a piacere dell’armatore; togliendo il tender si accede alla sala tecnica ben strutturata, ordinata e spaziosa.
Due comodi passavanti si allungano ai lati dell’ampio prendisole e c’è da notare come da poppa a prua non ci sia neppure un gradino, tutto è sullo stesso piano.
A pruavia del solarium, la dinette dispone di due tavoli regolabili elettronicamente in altezza così da scomparire completamente oppure fermarsi in linea con le sedute, per creare un solarium unico di oltre quattro metri di lunghezza, aiutato in questa operazione dai due schienali pivotanti dei divanetti che possono essere posizioni a piacimento.
Siamo nella zona protetta dall’imponente hardtop che, a dispetto delle dimensioni e della robustezza della sua struttura, ben si inserisce nella linea complessiva del Ranieri International Cayman 45.0 Cruiser, da notare che la protezione dal sole può essere estesa a tutto il solarium poppiero con i classici pali di carbonio e il telo.
La plancia è molto bella nella sua semplicità e razionalità con un unico schermo (anche questo optional) che riunisce i due monitor Simrad, mentre la seduta è addirittura quadrupla e quindi il driver sarà in buona compagnia.
Ovviamente si può scegliere tra stare in piedi o seduti e l’ergonomia è davvero eccellente in entrambe le posizioni.
La zona prodiera direi che è l’elemento maggiormente caratterizzante del Ranieri Cayman 45.0 Cruiser, con le due chaise longue avvolgenti al punto che ci si può stare tranquillamente seduti anche a 50 nodi!
Cosa che non è altrettanto consigliabile per il prendisole che è a filo dei tubolari e quindi non proprio protettivo.
La discesa nel sottocoperta conferma l’attenzione del dettaglio di questo maxi rib, ma con qualche perplessità.
A prua il letto doppio a V si prolunga a poppavia verso una dinette che è in grado accogliere anche cinque ospiti, ma può essere trasformata in una prolunga della cuccetta prodiera per permettere, per esempio, a due bambini di dormire con i genitori.
Non sono i posti letto che mancano perché, come tradizione, una seconda cuccetta doppia si trova a centro barca dietro la scaletta di discesa.
Interessante qui è la soluzione di sfruttare lo spazio nella stampata creato sotto il divanetto della dinette aperta per avere un’altezza che permette di stare seduti sul letto.
Ci sono pure due finestre per aerare l’ambiente e la cuccetta doppia può essere trasformata rapidamente in un due letti singoli.
Le mie perplessità nascono dal locale toilette che, benché dotato di doccia separa che ospita però il wc, poteva essere un po’ più arioso e dagli armadi, davvero essenziali nel numero e nelle dimensioni.
Ma sono solo due piccoli appunti su un maxi rib di 14 metri che si colloca ai vertici delle opzioni su questa misura.
Lunghezza ft
13,90 m
Larghezza
4,20 m
Diametro tubolari
0,68 m
Compartimenti
10
Dislocamento
7.500 kg
Serbatoio carburante
1.450 l
Serbatoio acqua
200 l
Portata persone
16
Motorizzazione massima
1.450 cv
Omologazione Ce
B
Ranieri International Cayman 45.0 Cruiser da 550.000 euro (Iva esclusa)
Regime | Velocità | Consumo |
rpm | nodi | l/h |
600 | 4,0 | 9,3 |
1000 | 6,1 | 19 |
1500 | 8,5 | 35 |
2000 | 11 | 60 |
2500 | 14 | 81 |
3000 | 20 | 90 |
3500 | 31 | 132 |
4000 | 37 | 183 |
4500 | 41 | 234 |
5000 | 46 | 333 |
5500 | 49 | 441 |
6100 | 56 | 480 |
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